9 – Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi

23 Nov di editor

9 – Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi

Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi. Correvo spensierata a passo di crociera lungo un sentiero di campagna, proprio dietro casa mia. Il jogging mattutino era una delle poche eccezioni alla regola, la ferrea disciplina che mi teneva incatenata per otto interminabili e sudatissime ore alla scrivania di un anonimo ufficio della sede centrale del Banco di Pistoia. Erano circa le sei e trenta, nessun altro in giro, tranne qualche sparuto cane randagio. Nulla di insolito tranne quella strana e cupa sensazione di presagio. Mi sentivo degli occhi addosso, ma voltandomi indietro non vidi anima viva; percepii un debole accartocciarsi di foglie calpestate, lo spezzarsi di qualche ramo in mezzo alla macchia tutta attorno, che mi fece rabbrividire, quindi decisi di virare all’improvviso e ritornare a casa. Dopo qualche metro, un’ombra scura mi venne addosso, sentii un forte dolore dietro la nuca e caddi a terra semi incosciente. Mi sentii afferrare violentemente per le caviglie e fui trascinata come uno straccio, nonostante scalciassi per liberami, all’interno della boscaglia, dietro un cespuglio. Non urlai, perché sapevo che quel sentiero a quell’ora era poco trafficato, ma soprattutto per non sprecare energie utili per difendermi. Il volto dell’assalitore era coperto da una sciarpa blu notte e portava il cappuccio. L’unica cosa che riuscii a notare era quell’orribile sguardo vitreo, di un celeste sbiadito senza emozioni. Percepii con disgusto il respiro affannato e pesante che puzzava di alcool. Sembravo una bambola di pezza in mano ad un bambino sadico. Ma quando mi resi conto che le sue pesanti mani cercavano di tirarmi giù i pantaloni, ebbi un sussulto e reagii, spingendolo violentemente indietro, ma quello con un pugno sul viso mi ributtò a terra. Forse c’era qualche sasso dietro il mio fianco che mi procurò un dolore lancinante ma allo stesso tempo fu provvidenziale, perché lo afferrai e con quello lo colpii con tutta la mia forza sulla tempia sinistra. L’ignobile balzò su e io ne approfittai per mettermi in ginocchio ed assestarli, con il medesimo sasso, una botta al ginocchio destro. Mi rizzai e vedendolo piegato per il dolore, lo respinsi con un forte calcio in mezzo alle gambe e gli scagliai addosso la grossa pietra. Nello stesso istante scappai. Corsi con la forza della disperazione, arrivata sul sentiero, inciampai per colpa di un ramo di rovo; mi rialzai puntando le mani tra le spine. Barcollai per qualche passo, poi ripresi a correre e non mi fermai neppure a sbirciare se fossi inseguita. Mi sentivo braccata. Il cuore batteva a mille come quella della gazzella inseguita da un leone.

Una volta giunta a casa, mi ci barricai dentro. Salii al piano superiore per vedere se qualcuno mi avesse seguito, ma la strada appariva silenziosa e deserta come poco prima che uscissi. Tremavo, avevo i brividi. Avevo il bisogno urgente di un bagno caldo.

Mi lavai fino a scorticarmi la pelle. Quella volta il sapone non avrebbe lavato via l’umiliazione, la rabbia per ciò che avevo subito. Le lacrime, come cascate mute scorrevano insieme all’acqua che grondava dai capelli sporchi di terriccio. Indossai distrattamente l’accappatoio e mi sedetti sul letto con il capo chino, senza più pensieri ma tormentata dal ricordo di un’immagine: l’ombra demoniaca in agguato che sbuca felina da un cespuglio. Non ha volto, né nome ma ha solo l’orribile proposito di fare del male, di soddisfare la sua fame insaziabile di perversione. Sollevai lo sguardo e incontrai la mia figura sullo specchio, quasi non mi riconoscevo con quell’occhio tumefatto e il labbro gonfio. Sentii una fitta al fianco, ma non era nulla nei confronti della sofferenza che provavo per la mia dignità di donna calpestata. Un nuovo anello si aggiungeva alla catena: una libertà limitata dalla paura avrebbe angustiato la mia già vuota e solitaria esistenza. Cambiare casa, cambiare città, cambiare lavoro non avrebbero attenuato quel senso di inquietudine nel sentirsi fragili ed impotenti di fronte alla malvagità umana! Poi la razionalità prese il sopravvento, quando guardando fuori vidi la strada rianimarsi, i bambini andare a scuola, i negozi aprire le serrande. Ritornò il coraggio, la vita…ma la ferita tardò a rimarginarsi.




3 Commenti

  1. Qualche imprecisione linguistica da rivedere.
    Manca una migliore suddivisione in paragrafi che aiuti il lettore a prendere fiato quando serve.
    Non funziona molto bene la costruzione del personaggio della protagonista, che rischia di risultare limitata alla violenza subita.
    La descrizione della scena principale (quella della violenza) non mi pare riuscita in tutte le sue parti: è lenta e meccanica, non riesce davvero a far trapelare la disperazione della protagonista.
    Nell’ultimo paragrafo è buona l’idea di descrivere la protagonista mentre cerca di lavare via ciò che le è appena successo, ma il finale non è abbastanza a fuoco. Le parole utilizzate potrebbero descrivere una qualsiasi donna vittima di violenza, non questa donna in particolare: a mancare è ancora una volta la protagonista.

  2. Una trama un po’ povera, con un susseguirsi di eventi piuttosto scontati.
    Alcune frasi ovvie poco utili al procedere del racconto, ottengono il risultato di appesantirlo (ad es. “Non urlai, perché sapevo che quel sentiero a quell’ora era poco trafficato…”). Lo stile non è sempre equilibrato: una parola dal tono leggero e quasi frivolo come “sbirciai”, utilizzata nel pieno della descrizione della fuga disperata e spaventata da un maniaco, è un po’ stonata.
    Qualche inesattezza, ad esempio:
    “Forse c’era qualche sasso dietro il mio fianco che mi procurò un dolore lancinante ma allo stesso tempo fu provvidenziale, perché lo afferrai e con quello LO colpii con tutta la mia forza sulla tempia sinistra.” Dalla frase non si capisce chi sia l’oggetto del colpo inferto… (ovviamente lo si deduce, ma non basta perché la frase stia in piedi!); oppure “ma non era nulla nei confronti della sofferenza “: l’espressione corretta è “in confronto a”… Un errore, verosimilmente di battitura: “ne approfittai per mettermi in ginocchio ed ASSESTARLI, con il medesimo sasso, una botta al ginocchio destro.”

  3. Testo semplice oltreché discreto, che a tratti si addentra nel dettaglio e che fa i conti con un tema difficile e delicato, scorrevole e lineare.
    Seguire l’evolversi degli avvenimenti cattura: da un inizio tranquillo allo sfregio di una violenza, sfiorata per un soffio, che devia la routine e la piomba nell’incubo.
    Ben descritta la parte centrale fino alla fine quando la normalità cede il posto alla natura più spietata dell’uomo e rende il ritmo acuto: ma lei non grida, nel silenzio che fa rumore. In conclusione sarà proprio la normalità che scorre dalla sua finestra a far ritornare a vivere la protagonista. Suggestive le emozioni che raccontano la reazione alla violenza e che fanno scivolare, implacabilmente, il lettore nel dolore in cui è affondata anche la protagonista e dal quale riemergerà solo osservando una scena ordinaria dai vetri di casa sua dopo l’aggressione. Anche se la ferita continuerà a sgorgare.

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