4 – PAROLE PERICOLOSE

6 Dic di editor

4 – PAROLE PERICOLOSE


“Ora lo so: non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi…” E’ questo che pensa, eh, micio, guardando ‘sto quarantenne canuto che se ne sta come un bamba davanti a vossignoria? Sa chi sono, vero? No? Allora permetta che mi presenti: Luca Daelli, per servirla, scrittore. No, scrittore è limitato. Macchina da scrivere, allora, come mi definisce la critica dotta con malcelata ironia? Non mi piace, ma mi descrive; però anche la critica deve ammettere che i racconti che sforno al ritmo di due ogni tre mesi “Sembrano capaci di toccare corde misteriose, comuni a tutti, uomini e donne, giovani e anziani, letterati e no” E ciò che più colpisce i lettori non è la trama, spesso assolutamente esile (per esempio ne La luna ha gli occhi profondi si parla di una donna che mentre si trucca paragona i propri occhi con le macchie scure sulla luna piena, con esiti tragicomici), ma, dice sempre la critica, “la capacità di rendere vere le persone descritte, così che il lettore si stupisce quando il Daelli, nelle interviste, rivela trattarsi di personaggi assolutamente di fantasia”

Ero appena uscito dall’auto e salutato con un cenno l’autista che mi aveva accompagnato fin lì (il centro parrocchiale di Cerro Maggiore dove Don Roberto, amico d’infanzia, mi aveva invitato a parlare a dei giovani sul mestiere di scrivere…) quando sentii quella voce

Calda, armoniosa, avvolgente.

Mi voltai e le confesso, micio, che all’inizio fu una delusione: una donna sui sessantacinque, alta e magra, coi capelli di un bianco luminoso tagliati corti intorno a un viso lungo, bocca dalle labbra sottili, senza rossetto, e un naso diritto e regolare sotto i grandi, rotondi occhiali scuri.

Poi mi accorsi della grazia con cui porgeva a non so chi un pacchetto incartato con cura, di quelle mani dalle dita lunghe, di quella sua postura sicura ma non arrogante.

Rimasi a guardarla di nascosto finchè non si girò (rivelando che il candore della chioma era interrotto, verso la nuca e il lungo collo, da una striscia nera di circa tre dita, così netta da sembrare disegnata) e si allontanò.

Sa, micio? Non ho mai avuto problemi nello squartare oggetti e persone reali per creare coi loro pezzi i miei personaggi.

Con quella donna non ci riuscivo. Niente da fare.

Eppure dovevo farlo, se volevo ricominciare a scrivere.

Eppure, ecco. Creare.

Stava lì, la via d’uscita?

Se descrivere un personaggio di fantasia con la dovuta maestria gli dava vita, non poteva succedere l’opposto?

Cioè che una descrizione sciatta, senza nerbo, senza attenzione ai particolari avrebbe reso una persona reale una sorta di fantasma?

Ho (per ora) la sorte di dirigere una delle tante scuole di scrittura. Tra gli allievi ce ne sono sette, con un certo talento, cui feci la stessa proposta: “Vi darò la descrizione di una persona. Vediamo se riuscite a tirarne fuori una storia decente”

Arrivarono sei tentativi, io come nei patti li corressi; solo che non li migliorai, micio, anzi: li resi brutti, squallidi, banali.

Li lessi uno dopo l’altro, in quel posteggio dove tutto era iniziato, come se il solo fatto di essere lì…

Lo sa, micio? Quando mi svegliai dopo l’incidente non ricordavo praticamente nulla.

Normale, dicevano, dopo una botta del genere.

Meno normale era il fatto che all’interno della macchina che mi aveva travolto (una Smart nera, identica a quella da cui lei era uscita, quella sera…) i vigili del fuoco, dopo mezz’ora di dai e dai sulle lamiere contorte, non trovarono nessuno.

Quando lo venni a sapere, capii tutto.

E ora eccomi qui, micio, a maledire la mia stupidità

Perché quella donna è scomparsa, sì, ma non dalla mia mente…E adesso, chi…Oh, micio! Cristina, il suo racconto. Va bè, mi faccia dare un’occhiata; tanto, peggio di così…

“Ehi…ma è geniale! Una storia in cui quella donna è la mia madre biologica che invece di farmi nascere e darmi in adozione mi abortisce, ok detto così sembra un melassoso racconto provita, ma vede, micio, spesso nei racconti ciò che contano sono i particolari, è il modo…e le assicuro che leggendo questo la realtà si scolora, si dilegua, scompa

Micio rizza un attimo il pelo e le orecchie e fiuta l’aria ora vuota. Poi, essendo un gatto, non si pone troppe domande e trotterella via. E’ una bestia, su. Non penserete abbia capito perché e come la storia di Luca Daelli, scrittore, sia arrivata alla

FINE


4 Commenti

  1. Il racconto comincia con una bella presentazione del protagonista e un’idea narrativa molto interessante, poi le cose si complicano. La trama si rivela troppo lunga per i limiti del concorso e la scrittura ne soffre, diventando di difficile comprensione.
    Visto che la scoperta di Daelli e l’esperimento con la classe di scrittura creativa sfruttano la stessa idea, forse sarebbe bastato abolire uno di questi segmenti, investendo lo spazio guadagnato in una scrittura più distesa.

  2. Racconto eccessivamente articolato, con troppe svolte improvvise.
    Se la sparizione della donna anche nel mondo reale funziona molto bene, cogliendo il lettore di sorpresa, il suo effetto è quasi del tutto cancellato dall’ulteriore colpo di scena (la sparizione dello scrittore). A una prima lettura il racconto risulta davvero di difficile comprensione. Ritengo che il primo colpo a effetto sia più che sufficiente, lasciamogli il tempo di agire a dovere.

  3. La trama è interessante, non priva di originalità. Un po’ forzata l’attribuzione della scelta poco saggia al quarantenne (che, francamente, non è proprio quello che ci si immagina nell’incipit in cui il richiamo, ovvio, è persone di età decisamente più avanzata!). Comunque, se si considera la vicenda dal punto di vista del gatto…. la cosa può funzionare (e dà un certo spirito al racconto).
    La strana storia è narrata in modo non immediatamente comprensibile: su questo varrebbe la pena di lavorare un po’. Il senso della narrazione, per quanto arguto, deve essere desumibile in maniera immediata.
    La sparizione del protagonista a causa del racconto di Cristina è una bella idea, che rende il finale spiazzante e divertente.
    La narrazione è scorrevole, aiutata in questo dalle apostrofi al gatto e dai frequenti interrogativi. Il racconto è scritto bene, la lingua è varia e corretta.

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