32 – LA TELEFONATA

10 Dic di editor

32 – LA TELEFONATA


Ora lo so: non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi.

E’ una notte buia e tempestosa. Nonostante ciò, sono pronto ad uscire a fare una passeggiata; molto probabilmente rimarrò sveglio anche oggi in attesa delle luci dell’alba.

Questo ormai si ripete da innumerevoli settimane, dal giorno in cui ricevetti quella telefonata. La cornetta del telefono è rimasta nella stessa identica posizione in cui la lasciai quella sera, ormai uno strato di polvere visibile all’occhio nudo la ricopre interamente.

I rubinetti del bagno sono costellati da residui di sputi e dentifricio e una delle lampadine della specchiera si è fulminata. I panni sporchi strabordano dalla cesta di vimini dove vi alloggiano la biancheria e le magliette impregnate di sudore, per via degli incubi che accompagnano le mie recenti notti. La cucina verte in uno stato pietoso, i fornelli li utilizzo solo per il caffè, bevanda salvifica, per il resto mi nutro di cibi precotti scaldati al microonde.

La radio è rimasta accesa da quella sera, ricordo perfettamente quel momento: poco prima mi rilassavo sul sofà ascoltando il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. Me lo immaginavo davanti a me: un uomo distinto, con indosso un elegante completo blu che risalta la sua chioma argentea, intento a tirare le somme di quell’anno passato cercando di rassicurare gli animi della gente ed augurare un futuro prospero. “…Diamo attenzione ai più giovani, che aiutati dalla saggezza di quelli più anziani possano compiere scelte consone e portare avanti al meglio le sorti di questo Paese”. Appena il Presidente finì questa frase, lo squillo del telefono riecheggiò nella stanza vuota; le parole che sentii poco dopo riecheggiarono nella mente per giorni, lo fanno tutt’ora, incessantemente, non mi lasciano tregua.

Seguo lentamente il sentiero nel bosco, quasi completamente cancellato dal fango generato dalla pioggia incessante di quei giorni. Sento le scarpe inzupparsi e il mio passo farsi sempre più pesante, i piedi sprofondano nella terra e il mio corpo inizia piano piano a mimetizzarsi con tutto ciò che mi circonda.

Mi sembra di camminare da ore o forse giorni, dentro questa strada impervia e faticosa ho perso il passare del tempo, nulla ha più importanza; ad ogni passo lascio indietro qualcosa di me che raccoglierò al ritorno.

Non so che ore siano ma il bosco di fronte a me si sta diradando, diventa meno fitto, la strada più dolce e improvvisamente davanti ai miei occhi gli arbusti spariscono e hanno lasciano spazio ad un’ampia veduta. La valle sottostante è immensa, le luci delle case e delle strade sembrano microscopiche e brillano come tante decorazioni natalizie. Ascolto il mio respiro rallentare e il cuore smette di sobbalzare, erano giorni che un nodo alla gola non permetteva all’aria di passare, mi sentivo costretto, intrappolato.

Resto stupefatto dalla splendida vista, mi siedo su una grande pietra ad ammirare la luna bianca e luminosa. Ha smesso di piovere.

Ho 43 anni, una folta chioma riccia e castana, ma nonostante questo so perfettamente qual è la decisione più saggia da prendere.

Scappare.

Inizio a correre a perdifiato giù per la valle, cerco di schivare le radici degli alberi, i cespugli e i massi. Una lepre spaventata cerca di nascondersi ma non trovando rifugio rimane impietrita proprio davanti a me, con un salto la evito e continuo la corsa.

Sento gli occhi bruciare per il sudore salato che cola dalla mia fronte, i polpacci attraversati da forti fitte di dolore e il respiro che inizia a farsi sempre più corto.

Nella mia testa è chiara e vivida l’idea di andare e non tornare più, di far perdere ogni mia traccia, una nuova esistenza, solo mia, per ricominciare a vivere davvero.


4 Commenti

  1. Il racconto è un po’ confuso… Non si chiarisce da cosa debba scappare il protagonista, non si capisce il senso del discorso del Presidente…
    Poco definita la trama, non sempre corretta la forma, soprattutto l’uso dei tempi verbali.

  2. Lo stato in cui è ridotta la casa è descritto con molta efficacia e con ricchezza di particolari. Anche l’immagine di questo uomo immerso nella notta in attesa dell’alba è molto evocativa. Manca però il cuore del racconto: non sappiamo quale sia il contenuto della telefonata, non riusciamo a capire le emozioni del protagonista, dal momento che ne ignoriamo la causa scatenante. Con questo buco il racconto non può funzionare.

  3. Il racconto stilisticamente è ben scritto ma la trama è talmente implicita da essere inesistente. Non c’è traccia del perché il protagonista sia spaventato e inquieto, del perché scappi e della saggezza

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