31 – Psycho lyric

26 Nov di editor

31 – Psycho lyric

Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi, a dire il vero tutto iniziò secondo l’ordinaria normalità sveglia presto, caffè, sigaretta e pillola di depakin al suono delle nozze di Figaro di Mozart.

Era la primavera del 96, un giovedì qualsiasi, dalla finestra della cucina s’intravedevano i mandorli in fiore, stormi di uccelli e sole lucente ma in me da anni il buio della solitudine, l’unico amico rimasto era il mio psichiatra, il dottor Carl.

Mi accingevo a docciarmi quando ad un tratto squillò il cellulare, cosa insolita pensai, numero sconosciuto, risposi… era una nota casa editrice che palesò interesse alla pubblicazione di un romanzo che avevo inviato tempo addietro, mi fecero una proposta allettante, accettai senza esitare, non mi sembrava vero, un’altalena d’emozioni si muoveva nel mio corpo, non stavo più nella pelle ma questa sensazione durò pochi attimi perché non avevo nessuno con cui condividerla.

Decisi di chiamare il dottor Carl per fissare, con urgenza, un appuntamento ma disse che in giornata non gli era possibile in quanto aveva già tutti gli orari di visita prenotati; non mi sembrò un bel comportamento il suo, sapeva bene del mio problema di governo delle emozioni, specialmente quelle forti.

Stranamente quella notizia mi creò uno scompiglio emozionale interiore, un continuo sali e scendi umorale, avevo il bisogno di parlare con qualcuno, cercai di calmarmi, assunsi anche una doppia dose di tranquillanti ma quella merda sembrava non fare effetto!

Al che, dopo qualche ora, decisi di recarmi lo stesso presso il suo studio, aspettai, ansimante, che terminasse la seduta in corso ma quando mi vide non ebbe una bella reazione:

“Che ci fa lei qui? Mi sembra d’esser stato chiaro! Tra qualche minuto ho un’altra visita” esclamò.

I toni iniziali furono duri e freddi, poco ospitali insomma ma alla fine decise di accettare la mia richiesta, tuttavia il suo atteggiamento mi turbò non poco, dopo anni di psicoterapia avrei gradito un’accoglienza più amichevole, mi ritrassi dal dirgli ciò che volevo e, per la prima volta, cercai di capire che tipo di persona avessi di fronte, iniziai a fargli delle domande personali, attinenti la sua vita e dapprima evitò di rispondermi dicendo che non erano cose che riguardassero il nostro rapporto professionale ma su continua mia insistenza iniziò a cedere dando delle risposte confuse, farfugliava! Sembrava quasi terrorizzato.

Lo invitai a tranquillizzarsi ma più passava il tempo e più perdeva il controllo di se, era come posseduto, pochi istanti dopo si diresse verso il mobiletto dove aveva i farmaci, lo aprì, prese una siringa e un flacone di Haldol da 3 ml, laccio emostatico al braccio e se lo iniettò, rimasi sconcertato! Ma sembrava essersi tranquillizzato, pochi minuti di silenzio glaciale quando di colpo ritornò in preda al panico.

Iniziò a dimenarsi sulla pavimentazione, con forza e a fatica riuscii a farlo sdraiare sul lettino e provai a capire cosa gli stesse succedendo, cosa avesse generato in lui una reazione del genere, era evidentemente in atto un evento psicotico; neanche il tempo di una risposta che sobbalzò dal lettino facendomi cadere a terra, si diresse verso la scrivania ed impugnò un fermacarte a forma di pugnale minacciando di uccidersi se non avessi fatto qualcosa per lui.

Era una situazione surreale!

Lo invitai a calmarsi, fortunatamente l’attenzione dei miei occhi cadde sul giradischi posizionato sulla mensola di fianco la scrivania, amava la musica classica è grazie a lui che la conobbi, la definiva terapia naturale per la mente e spesso le nostre sedute erano accompagnate da soavi composizioni, v’era già un vinile inserito, Chopin, mi limitai ad attivare l’apparecchio, il suono della musica sembrava rasserenarlo, lo invitai a darmi il fermacarte e a stendersi nuovamente sul lettino, questa volta obbedì senza esitazioni; nel frattempo tirai fuori un ceppo d’erba che avevo nel jeans, preparai una canna e lo invitai ad accenderla, dopo qualche tiro mi guardò stupito e con aria attonita mi disse che si sentiva pronto per ascoltare ciò che avevo da dire.

In realtà lo vedevo ancora provato ma stabile nell’atteggiamento così decisi di farlo riposare dicendogli che ne avremmo riparlato in un’altra circostanza in via precauzionale portai via con me il fermacarte a forma di pugnale, invitai il paziente in sala d’attesa ad andarsene dicendogli che il dottore aveva avuto un improvviso malore di tipo fisico, mentendo spudoratamente ma lo feci al solo scopo di salvaguardare la sua reputazione, in fondo erano anni che mi assisteva si creò un certo rapporto confidenziale, quasi amichevole.

Scesi le scale e mentre lo facevo mi sentivo bene, avevo aiutato una persona in difficoltà, mi sentii utile e quasi capace di governare me stesso, i miei impulsi.

Aprii il portone per uscire e notai una folla di persone vicino al palazzo, incuriosito mi avvicinai per capire cos’era successo, c’era il dottor Carl in una pozza di sangue.




3 Commenti

  1. Il racconto è piuttosto originale, ma la forma non è sempre perfetta.
    In particolare, vi sono alcuni periodi a mio giudizio eccessivamente lunghi e complessi, con un uso non sempre corretto della punteggiatura.

  2. Una trama un po’ surreale, ma può funzionare l’idea dello psichiatra da curare….
    Periodi decisamente troppo lunghi; punteggiatura usata poco correttamente. Utilizzo dei tempi verbali non sempre coerente.
    La lunghezza del racconto supera di troppo i limiti stabiliti e costringe ad una penalizzazione.

  3. Testo semplice e scorrevole dalla trama discreta e non scontata.
    Interessante l’effetto pathos che provoca, all’improvviso nella storia, il susseguirsi degli avvenimenti in una schizofrenia delle emozioni particolare che a volte rasenta il surreale. I fatti portano inevitabilmente a cadere nella mente di qualcuno.
    Il racconto riesce, dalla descrizione di eventi ordinari, a tirar fuori con le parole straordinari cruenti epiloghi. Che attraggono il lettore, attraverso la piscosi della voce narrante, dentro il delirio vero del suo analista.

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