13 – LA SCELTA

8 Dic di editor

13 – LA SCELTA


Ora lo so: non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi…

Quella frase pronunciata alle mie spalle è come un coltello piantato nella schiena. Mi giro. Lui mi guarda con aria indifferente. Vorrei prenderlo a pugni lì davanti a tutti, ma non posso. Non posso mentre la bara di Simone scende nella fossa. Così ingoio tutto il mio odio e mi limito a chiedergli “come?”

“Sì insomma” continua alzando le spalle “ho sbagliato a coinvolgerlo nel nostro progetto, non era pronto.”

Quello che ha definito “il nostro progetto” è stata solo una grande menzogna raccontataci dall’uomo che si era offerto di spiegarci la vita.

Ricordo come fosse ieri quel primo giorno d’università. Ero il primo della mia famiglia a varcare quella soglia. Negli anni settanta un figlio laureato è il sogno di qualsiasi operaio. E nella mia famiglia la parola d’ordine è lavoro e sacrifici, per permettere al figlio maggiore di studiare. Siamo in pochi alla facoltà di legge, ma siamo gli orgogliosi simboli di riscatto sociale. Il corso di economia politica è il più importante. Il professore è famoso in città. È un’intellettuale. Entra nella stanza con la consapevolezza di avere tutti gli occhi su di lui. Alto, elegante. Lunghi capelli bianchi raccolti in una coda. Un sorriso sicuro incorniciato da una barba candida, un viso solcato da una ragnatela di rughe su cui spiccano due grandi occhi verdi.

Si siede e ci guarda uno a uno e ci identifica subito. Siamo tutti vicini in prima fila. Siamo quelli vestiti peggio. Siamo i figli del popolo, siamo il suo obiettivo.

Da subito si offre di darci lezioni gratuite nel suo appartamento tre pomeriggi a settimana.

“I figli degli avvocati, dei medici, dei giudici già sanno come funzionano le cose” dice “ma voi avete bisogno di lezioni speciali, per non restare indietro.”

E l’inganno comincia.

Così io, Simone e una decina di altri ragazzi iniziamo il suo corso complementare. Un corso fatto di retorica, di luoghi comuni, di odio instillato lentamente nelle nostre menti. Contro una classe politica corrotta, contro industriali sciacalli che ingrassano, succhiando la nostra linfa vitale. L’uomo saggio, l’uomo dai capelli bianchi, l’uomo dalle mille esperienze ci conferma, con parole convincenti, quello che noi viviamo quotidianamente nelle nostre case. Mia sorella, sacrificata a tredici anni, mandata a fare la sarta in un piccolo negozio per consentire al fratello di studiare. La madre di Simone che fa le pulizie nelle case dei ricchi per uno stipendio da fame. E ci sprona a combattere contro il sistema, ma non con le parole, non con la politica, non con lo studio o le lotte sindacali. No, questi strumenti per lui non servono. Sono superati, lenti, inutili. No, lui ci spinge a combattere con le armi.

In pochi mesi passiamo da Marx a Molotov. Alcuni di noi se ne vanno. Altri restano, per non avere problemi all’esame. Un paio, ormai imbevuti di propaganda d’odio, ci credono. Credono di poter cambiare le loro sorti e quelle del paese sparando, bruciando, uccidendo.

Ed è così che Simone viene scelto tra tutti. La parola d’ordine in quell’inverno del 1975 è gambizzare. Non è stato difficile per il professore convincerlo. La vittima prescelta è il padrone della fabbrica dove suo padre lavora da trent’anni. Una vita passata in ginocchio tra mancanza di tutele e vessazioni. Una vita di rabbia repressa che suo padre finiva per sfogare su sua moglie e i suoi figli. Qualcuno doveva pagare, e Simone sapeva chi.

Tre giorni sparando nei boschi per fare pratica e poi via. Il professore ha studiato gli orari del padrone della fabbrica, ne conosce le abitudini, ne ha studiato le mosse, ma non si espone in prima persona. L’uomo saggio manda avanti il ragazzino. Simone avanza, pistola in pugno, attraversa l’atrio. Vede il padrone uscire a piedi. Vede anche la guardia dietro il cancello, ma il suo cervello non registra l’immagine. La paura ha preso il soppravvento. Alza l’arma, la mano gli trema. La guardia reagisce. Spara, prima che Simone possa prendere la mira. Simone si piega in due, colpito allo stomaco. Morirà in ospedale. L’uomo saggio, l’uomo dai capelli bianchi, il maestro si defila. Non è colpa sua. Lui ha solo sbagliato la scelta. La prossima volta punterà su qualcun altro, più forte e più coraggioso.


4 Commenti

  1. Il racconto scorre. Più che un racconto, tuttavia, mi sembra una bomba inesplosa. Leggendo, mi aspetto da un momento all’altro che il narratore, avendo spiegato i motivi del suo odio per il professore attraverso la storia di Simone, agisca di conseguenza. E invece non succede nulla, né fuori né dentro di lui. Non si decide ad agire. Semplicemente odia, dall’inizio alla fine.

  2. A una prima lettura il racconto mi è parso poco scorrevole e non sempre chiaro. Come se per capire, al lettore fosse sempre richiesto un particolare sforzo di concentrazione. I vari passaggi della narrazione necessitano forse di un’ulteriore “oliatura”.

  3. Il taglio storico e sociale del racconto è interessante e la narrazione ben costruita. Efficace anche la scelta di far raccontare la vicenda con gli occhi di un compagno di Simone.
    Stilisticamente corretto.

  4. Ben argomentato lo spunto dell’incipit. Un racconto interessante, che tocca un tema non semplice e non scontato: la possibilità che gli insegnanti, le figure autorevoli, coloro che dovrebbero formare e aprire le menti possano invece manipolare quanti sono loro affidati. In questo caso, più che una “scelta poco saggia”, il nostro protagonista dai capelli bianchi ha fatto qualcosa di decisamente abominevole! La vicenda è ben sviluppata, il racconto è scritto correttamente.

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