7 – IL SONNO DELL’EMOZIONE

12 Gen di editor

7 – IL SONNO DELL’EMOZIONE

Finì per addormentarsi, il suo cuore, dopo l’ultimo dolore, e iniziò a sognare.

Lui non se ne accorse. Successe nella più completa calma, un giorno, mentre preparava il pranzo.

Sentì solo un piccolo formicolio nel petto, un pizzico, come per una spina, il rosso del sangue che scoloriva una rosa recisa.

L’evento scatenante il tutto, in realtà, era accaduto giorni prima: una grossa incomprensione, una violenta discussione e, infine, un’assenza non sua. Un lutto, l’ennesima perdita, un’ingiustizia, il suo non poter far nulla, il silenzio.

Lui ne era rimasto molto scosso, ma il suo corpo si svegliava comunque ogni mattina e provava stanchezza e si assopiva la sera, come se nulla fosse.

Tutti gli dicevano, giustamente, che sarebbe passata, che le uniche cose importanti erano lui e tutto ciò che doveva e poteva ancora fare; gli amici erano il fresco immergersi in mare dopo essere stati scottati dalla calura estiva, quello che gli aveva sempre dato gioia un dipinto annacquato e stinto.

Quando il suo cuore d’improvviso cominciò a sognare fu come se qualcuno avesse premuto il pulsante “Pausa” nel lettore della sua esistenza. Si fermarono i ricordi, i pensieri, le recriminazioni che rivolgeva anche verso di sé, il tornare con la mente a rivivere certi momenti, certe conversazioni, certe risate, certe lontananze, ma anche certe compenetrazioni, unioni, certe profonde e preziose empatie.

Fra un fornello e l’altro si sentì quasi fatto d’aria, senza radici, senza consistenza, mentre il cuore non richiedeva più nulla, non faceva più male, non lo richiamava a gran voce a ogni battito. Sognava, semplicemente, come mai aveva fatto fino ad allora, e nel suo sogno riposava e si appagava solo delle sue visioni, senza più cercare niente, neanche uno specchio tangibile che raccogliesse la sua immagine fuori di sé.

Anche tutti quelli che aveva attorno non si accorsero di nulla. Lo videro passare da diversi stati d’animo, spesso discordanti, e si dissero che era normale, che erano fasi del lutto, che non c’era troppo da preoccuparsi.

Così le giornate passavano, un po’ in sordina, quasi senza cambiare, saltando da un numero del calendario all’altro, mentre la vita si dipanava ancora e ancora, serenamente, come se tutto fosse indifferente a tutto. Una spirale senza inizio, un ciclone senza occhio, una farfalla in un bicchiere.

Era una sensazione che conosceva bene, ma aveva sempre trovato la possibilità di posarsi ogni tanto, pur sotto il bicchiere, di godere della luce anche in situazioni difficili e ostili. Il suo cuore pompava, insieme al sangue, anche la forza e la resistenza verso le fratture della vita, per riempirle, per avvicinare i lembi di tutte le ferite, per non arrendersi al semplice accadere delle cose ma stamparci sopra la propria, unica impronta: come per lasciare un segno del proprio passaggio, per poter dire di non aver vissuto invano, di aver avuto parte nel provare a cambiare ciò che era sbagliato – se era possibile far qualcosa per cambiarlo -, ciò che non aveva ragione di esistere e, così, far star bene, anzi, meglio se stesso e tutti coloro che aveva vicino.

Ora che il suo cuore si era addormentato, però, anche lui era estremamente calmo.

I sogni, in quel sonno, erano infiniti.

Dopo pranzo leggeva sulla sua poltrona preferita, guardava un film, faceva una telefonata a un amico. Poi veniva l’ora di cena, il cucinare senza appetito, il sorridere a salve in compagnia; sentiva parlare e non ascoltava, guardava e non vedeva: una custodia di se stesso, un violino privo di corde.

Forse tutto il silenzio che lo assordava era frutto delle sue percezioni scorticate ed esacerbate, forse quell’ultimo dolore non aveva proprio e solo la forma di una perdita irrimediabile, di un destino immutabile, forse qualche cosa si muoveva, forse era tutto un modo di perdere momentaneamente qualcosa per, poi, ritrovarla e ritrovarsi.

La speranza e la fiducia nel destino, ormai, si erano acquietate, erano parte dello stesso sonno del suo cuore.

Una sera finì per addormentarsi prima del solito.

Si sentiva bene, anche se riuscì a stento a posare il libro che aveva appena finito di leggere sul comodino, vicino a un flaconcino da poco svuotato.

Placidamente raggiunse il cuore e i suoi sogni.

La mattina dopo non si svegliò.

E continuò a sognare.


Valutazioni Giuria

7 – IL SONNO DELL’EMOZIONE – Valutazione: 21

Giud.1:
E’ chiaro fin da subito come finirà la storia ma nell’evolversi della narrazione appare a tratti discontinuo.

Giud.2:
lettura complicata, la narrazione non è lineare e non aiuta il lettore. Buon uso del vocabolario e della sintassi.

Giud.3:
Fluido, scorrevole, coerente. Forse un po’ di ripetizioni, controbilanciate però da qualche immagine (sorridere a salve, custodia di se stesso) vivida e toccante. Naufragio dolce

Giud.4:
La punteggiatura spezzetta eccessivamente i periodi, a discapito della fluidità, fin dall’inizio (vedi da “Finì” a “Il silenzio”). “il rosso del sangue che scoloriva una rosa recisa”: cosa significa?. La sintassi continua zoppicante per tutto il racconto. Certi espedienti narrativi (certe, certe, certe…) ripetuti subito dopo (senza, senza, senza…) più che dare ritmo, lo rallentano, se eccessive. “specchio tangibile” è un’immagine mal riuscita. “lo videro passare da diversi stati d’animo”… o si conclude con l’oggetto a cui passa, oppure lo videro passare “attraverso” diversi stati d’animo. “serenamante”….”Una spirale senza inizio, un ciclone senza occhio, una farfalla in un bicchiere.”: gli esempi danno tutto puorchè l’idea di “sereno”. consiglio di innamorarsi meno delle parole e sforzarsi di più sul concetto da esprimere. Le metafore si susseguono, a volte anche azzeccate, ma eccessive. sarebbe preferibile ponderare sapientemente le figure retoriche, usandole solo per impreziosire. “la mattina dopo non si svegliò”: era scontato morisse, sarebbe stato più efficace lasciarlo implicito.