7 – In piedi sul ponte

23 Nov di editor

7 – In piedi sul ponte

Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi…Mi sentivo bene, pronta per andare a scuola; durante il tragitto incontro la mia professoressa Mari, “ciao Debby, vuoi un passaggio?”, “no” dico a testa bassa.


il respiro si fa affannato, mi paralizzo in mezzo alla strada, le mie gambe non mi seguono, “aiutatemi” grido dentro di me. “sono Debby, ho 14 anni e sto andando a scuola”, lo ripeto nella mia testa finché non riprendo contatto con la realtà.


Riesco a calmarmi e continuo a camminare verso la scuola: sono sudata, stanca, sfinita!


“Debby alla lavagna”, -ti prego non farmi alzare davanti a tutti-,: “Debby alla lavagna!” La prof sbatte un pugno sul tavolo, ecco di nuovo la sensazione, tutti mi guardano; tengo in mano il gesso, la mano mi trema, il cuore inizia a battere forte, corro in bagno ,il panico si fa prepotente, cerco freneticamente nelle tasche ed ecco che afferrò la lametta, abbasso i pantaloni, appoggio la lametta sulla coscia, stringo i denti perché so che mi farà male ma la voglia di deviare quella cosa è più forte, spingo sulla gamba, guardo la mia carne che si taglia, solo quando vedo il sangue respiro, come se tutto quel dolore avesse la capacità di uscire da quel taglio.


Avevo iniziato a farlo qualche mese prima, quando tornando da scuola a casa mia c’era un ospite, un amico di mamma e papà.


A notte fonda avevo sentito i suoi passi arrivare, avevo tirato la coperta fino a sopra la testa, ho sentito la maniglia della porta aprirsi, ho messo le mani sulle orecchie e le ho premute fino a sentire male -ti prego, vai via ti prego vai- si era avvicinato a me leccandomi la faccia, mi aveva tappato la bocca, mi dimenavo come una pazza, scalciavo mentre lui mi sfilava i pantaloni, il peso del suo corpo mi schiacciava, il cigolio del letto mi rimbombava nella
orecchie, “stai zitta” mi ripeteva ad ogni spinta, tenevo gli occhi stretti per non dovermi portare per tutta la vita l’immagine di un animale, sudato che puzzava di marcio e di sudore, spietato e con gli occhi iniettati di cattiveria. La mattina dopo mi sentivo sporca, marchiata, spezzata dentro; le mani mi tremavano tanto da non riuscire a tenere il cucchiaio in mano, quando sono uscita di casa per andare a scuola mi sono bloccata in mezzo alla strada per la prima volta.


Torno in classe, ora mi sento meglio, la prof mi ha messo una nota, solo il pensiero di doverla fare vedere a mio padre mi terrorizza.


“Sei una buona a nulla! non sei neanche capace di stare davanti ad un insegnante!”, ecco uno schiaffo, eccone un altro.


Tengo le ginocchia strette tra le braccia, stretta come per darmi l’abbraccio che avrei voluto, che mi avrebbe ricomposto il cuore e l’anima. Prendo la lametta dal mio zaino, tiro su la manica della felpa, stringo gli occhi e i denti e la storia si ripete ancora.


Mentre guardo la tv una psicologa parla, dice che per affrontare le emozioni bisogna scrivere, ci provo, comincio a scrivere tutto ciò che ho provato, che mi è successo, uso le parole che non riesco più a pronunciare: stupro, picchiato, tagliare, mamma, papà, suicidio, ponte, 11:00; sento un rumore, accartoccio velocemente il foglio e lo butto nello zaino.


Entro a scuola, mentre cammino in mezzo al corridoio il gruppo dei bulli mi spintona, lo zaino mi cade e il contenuto si rovescia sul pavimento.


Ho continuato a camminare finché non sono arrivata al ponte. sentivo i polmoni riempirsi; le vertigini mi solleticavano la mente, mi tenevo alla ringhiera ed oscillavo avanti e indietro. Inizio ad avvicinarmi al bordo, chiudo forte gli occhi, una mano mi afferra, la mia professoressa Mari, stava lì a stringermi la mano, mi ha tirato, ed io, come una piccola foglia caduta dall’albero, smarrita e fragile, mi sono lasciata stringere. “Ho trovato il tuo foglio per terra in corridoio”. Quell’abbraccio era quello che avevo sempre sognato, quello che ti scompone e ti ricompone l’anima. Quel giorno un angelo raro dal nome Mari mi aveva teso la mano salvandomi la vita. Mari, mi aveva tenuta con se. Avevo trovato una madre, una persona che aveva sentito quel grido nel silenzio. Non bisogna mai stare zitti davanti alla violenza, dobbiamo urlarla, dobbiamo abbatterla, L’amore può salvare la vita, siamo tutti angeli se scegliamo di esserlo e quella sarà una giornata che inizierà veramente nel migliore dei modi.




3 Commenti

  1. Qualche imprecisione nella consecutio temporum. Mi sembra che in questo racconto (dall’argomento particolarmente delicato) ci sia troppa carne al fuoco. La figura del padre, quella dell’amico di famiglia stupratore, la maestra: nessuno dei personaggi viene delineato con sufficiente precisione. Cercherei di amalgamare meglio le diverse parti della storia.

  2. Il tema, purtroppo non originale, ma tristemente attuale, è trattato in modo un po’ sbrigativo, forse non del tutto adatto al racconto breve. La conclusione un po’ moraleggiante rischia di banalizzare un problema decisamente complesso.
    La punteggiatura non è utilizzata adeguatamente, qualche maiuscola è saltata…. L’alternanza dei tempi verbali non rispetta l’andamento narrativo, con indebiti passaggi dal presente, al passato prossimo, all’imperfetto. Una frase decisamente scorretta: “Avevo iniziato a farlo qualche mese prima, quando tornando da scuola a casa mia c’era un ospite,…”

  3. Significativa e in un certo senso coraggiosa la scelta di seguire l’incipit iniziale della bella giornata nel dramma: una scelta che si svelerà appieno solo alla fine attraverso la speranza.
    Testo crudo, scritto in modo semplice ma che tocca con rispetto una realtà delicata e triste in cui il lettore si cala già dalle prime righe: quella dell’abuso, delle emozioni represse, solitudine, silenzio.
    Ma alla fine vince la vita. Tema tristemente attuale, il ritmo incalza quando le cose sembrano precipitare e l’effetto reso dal testo è da adrenalina che lascia il posto ad un senso di serenità. Sul filo del rischio, quando sembra arrivare il peggio.
    Interessante la trama che, così come è scritta, riesce semplicemente a dare un senso anche al dolore.

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