30 – L’Andrea

8 Dic di editor

30 – L’Andrea


Ora lo so: non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi… nessuno rideva mentre l’eco della frase appena pronunciata da Andrea continuava a risuonare in un silenzio che si faceva sempre più pesante.

Stavano tutti lì impalati nella stanza, con le finestre chiuse e la puzza di bruciato.

Erano al circolo, come tutti i martedì e fra un rombo di catarro e una bestemmia, fino a quel momento la mattina era passata centoventi punti alla volta. Il torneo di briscola chiamata era un appuntamento immancabile per ogni pensionato che si rispetti, anche perché la coppa della vittoria, in un paese di tremila anime, valeva più della nomina a sindaco.

L’unico giovinotto (così si riferivano a lui gli avventori) era Andrea, il barista che aveva preso in gestione il bar da qualche mese. Abituati alla sciura Pina che per oltre mezzo secolo aveva servito campariinduecolbianco e caffè corretto sambuca ai giocatori, questa nuova figura non era entrata esattamente in simpatia. Non che avesse fatto niente, ma era nuovo e ai forestieri un po’ bisogna farlo penare il saluto.

Fatto sta che l’unico ritrovo era quello e, Pina o no, visto che i prezzi, gli orari e la briscola erano rimasti gli stessi, andava bene così, non c’era motivo di cercare un altro posto. In più si poteva parlar male di quello nuovo che il Campari non è più buono come prima e di questo passo dove andremo a finire.

Faceva freddo, molto freddo per essere autunno. Il riscaldamento arrivava da una stufetta elettrica gentilmente messa a disposizione dalla parrocchia. Era silenziosa e faceva il suo, però seccava l’aria. Al suo tempo la sciura Pina aveva trovato l’esatta posizione della finestra che consentisse all’aria di circolare e alla stanza di non raffreddarsi troppo. Che brava la Pina, non come questo nuovo che non si accorge che è troppo chiusa e qua fa caldo.

“Derva quella finestra lì, su!”

Fuori i colori dell’autunno si facevano sempre più intensi, mentre gli alberi iniziavano la loro ritirata verso l’inverno. Le foglie gialle e secche penzolavano in attesa dello stimolo giusto per proseguire il loro ciclo.

Arrivò per una di loro che saltò, e ondeggiando nell’aria secca e fredda di quella mattina settembrina, continuò a pendolare, scendendo sempre più fino a trovarsi ad essere l’innesco di quello che sarà ricordato da tutti i giocatori come “quel martedì”.

Se non fosse accaduto sarebbe stato impossibile immaginarlo, ma successe che la foglia andò a incastrarsi tra le fessure della stufetta e lì rimase, perché troppo pesante per essere spostata dal mite flusso di aria calda.

Il calore fece il suo, l’autunno aveva già fatto il resto e la foglia si incendiò. Persa parte della sua forma fu abbastanza leggera per essere soffiata, accesa, dentro alla scatola della carta, che era lì perché il giovinotto del bar voleva la raccolta differenziata.

In quel momento Andrea non era al bancone e nessuno si accorse delle fiamme che un po’ alla volta crescevano, finché il signor Guido, i suoi novant’anni e i suoi pochi capelli bianchi tutti sulla cima della testa, non si alzarono in modo decisamente troppo vispo per quella che era la situazione che tutti stavano vivendo.

Camminò verso le fiamme e passando accanto alla finestra la chiuse. Poi prese la giacca che era appoggiata sul tavolo e la mise sopra il principio di incendio, nel tentativo di soffocare le fiamme.

Sollevò un lembo dell’improvvisata coperta per verificare che il pericolo fosse sfumato, e come la foglia era volata poeticamente nella stufa, così l’ultima fiammella sgorgò dalla sua gabbia, andando a cercare l’ultima testimonianza di quella che fu una folta chioma.

Andrea rientrato, aveva preso l’estintore, ma quando tolse la giacca constatò che la fiamma era già spenta e guardando la testa ora glabra del Guido, sorridente se ne uscì con “Ora lo so: non è sempre vero che le scelte più sagge le compie chi ha i capelli bianchi”. La risata del signor Guido e l’offerta di un giro per tutti i presenti sciolsero la tensione del momento e da quel giorno, anche al barista fu riservato l’articolo davanti al nome, come si usa per quelli che si conoscono.


4 Commenti

  1. Racconto ben scritto. L’uso dell’incipit è appropriato e originale.
    A mio avviso si sarebbe potuta creare una situazione di tensione e ostilità più esplicita tra Andrea e gli avventori, così da accentuare il contrasto tra l’innocua foglia autunnale e il potenziale esplosivo (e comico) che essa libera.

  2. Si avverte chiaramente l’atmosfera del piccolo paese in cui tutti si conoscono. Tutto ruota intorno alla figura di Andrea, il nuovo barista, che deve ancora entrare a far parte della comunità. L’episodio del piccolo incendio e la perdita dei capelli del povero Guido sono davvero fantasiosi, divertenti e ben raccontati.
    Ci sono delle piccole imprecisioni nella punteggiatura, ma è davvero un ottimo racconto.

  3. Bello! Davvero un bel racconto di paese, efficace e ben costruito, con una delicata ironia alla fine che conquista e commuove. Una storia alla Don Camillo e Peppone che racconta di un’Italia ancora sana e vera.
    Ben scritto

  4. Una storia leggera, spiritosa. L’ambientazione è ben resa: pare proprio di essere al circolo del paese, con tutti gli elementi che lo caratterizzano: i vecchi, le carte, il dialetto, la diffidenza verso i nuovi arrivati… L’esordio serioso che faceva pensare a eventi gravi viene simpaticamente sdrammatizzato dalla narrazione degli eventi. Allo stesso modo l’incipit diviene quasi una battuta di spirito: una buona trovata! Lo stile e la lingua sono adeguati al contesto, con efficaci inserti di discorso diretto quasi mimetizzati nella narrazione (“In più si poteva parlar male di quello nuovo che il Campari non è più buono come prima e di questo passo dove andremo a finire.”…).

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