3 – “RESPIRO”

27 Dic di editor

3 – “RESPIRO”

Iniziavano i primi freddi: il fiato caldo, che usciva dalla bocca, si mostrava come una piccola nube di fumo, condensata con l’aria gelida. Durante il pomeriggio, se c’era il sole, non si percepiva quell’alito gelato che sarebbe sopraggiunto da lì a poco. Così ci si vestiva poco e, alla sera, si cercava un caldo rifugio dove ristorare il corpo infreddolito.

Ero una bambina, all’epoca, che desiderava crescere in fretta e seguiva i ragazzi più grandi, nelle loro avventure. Sono nata e cresciuta in campagna, nonostante il mio lignaggio.
Scelsi la libertà dei campi, dei piedi nudi che correvano sull’erba in estate e del freddo gelido già alla prima metà di Ottobre.

In quel periodo, nell’avvicinarsi di Halloween, che per noi era la Festa di Ognissanti, ci si radunava intono a un modesto falò per narrarci le storie più spaventose, inverosimili e suggestive.
I “grandi” lo facevano per incutere timore a noi, fanciulli più piccoli, nonostante al primo rumore sospetto, sobbalzavamo tutti, in preda al panico e all’atmosfera.

Ho sempre pensato che, quelle storie, non avrebbero avuto lo stesso effetto senza la nebbia che saliva, il freddo che faceva soffiare sulle mani per riscaldarle, la necessità di nutrire il fuoco affinché restasse vivo.
Siamo figli degli anni settanta: i genitori ponevano molta fiducia e, un poco di irresponsabilità da parte loro, su quello che facevamo.

Vivevo in un allevamento di suini, di mia proprietà.
I miei genitori non hanno mai permesso che lo definissi tale, poiché ogni uomo è uguale all’altro. Dopo tanti anni, ancora non ho smesso di ringraziarli per questo loro, preziosissimo e ante litteram, insegnamento, considerando la situazione attuale.

La campagna era immensa, ricca di luoghi dove nascondersi. Ed era lì che noi andavamo.
C’era la storia della carrozza mai giunta a destinazione ma della quale erano rimaste le tracce, quella del ragazzino che aveva visto un uomo di neve e non aveva più fatto ritorno a casa, quella della Signora che sapeva predire la Morte con molto anticipo.
Erano racconti avvincenti, scaglionati da scherzi per indurre ancor più paura, ma erano i nostri giochi di inizio inverno.
Dopo, sarebbe arrivata la neve, che ci avrebbe completamente distolti da questo narrare che ancora rimpiango.
Perché in quelle parole, pronunciate sfidando il freddo, per renderle ancora più reali e cupe, si nascondeva il coraggio, il desiderio di stare insieme, la capacità di divertirsi e giocare senza nulla che non fosse la nostra fantasia.

Il tempo dei primi freddi è terminato da anni: si passa da un tepore sopportabile al gelo completo.
Senza voler essere retorica “non esiste più la mezza stagione”.
Questa affermazione, dettata dalla consapevolezza contadina, che non sapeva più qual era il miglior periodo per la semina, ora è divenuta una barzelletta.

Ma , nella realtà, è stato un difficile periodo nel quale adeguare orti e mestieri con le proprie tradizioni.

Ora, ogni 21 Settembre, quando sembra ancora estate piena, mio figlio e io accendiamo una candela non appena cala il sole.
La chiamiamo “la lanterna dei viandanti” perché speriamo che offra luce a coloro che sono in cammino.
Non si possono dimenticare i primi freddi: sono quelli che ti fanno aggiungere una coperta all’ultimo minuto, una sciarpa sopra le spalle mentre osservi il sole che cala tra le valli velocemente.
E magari ci scappa il sorriso: quello dell’ultimo racconto che ti aveva spaventata.

Valutazioni Giuria

3 – “RESPIRO” – Valutazione: 18

Gaia:
Manca la storia… L’autore sprofonda nei ricordi infantili, ma questo non conduce da nessuna parte… Il testo manca di sostanza. La narrazione non è particolarmente fluida, la forma non sempre ineccepibile.

Matteo:
Manca il racconto. Il testo sembra piuttosto un nostalgico ricordo di un passato immobile. Anche la forma è migliorabile, soprattutto dal punto di vista della punteggiatura.

Paola:
L’idea dei racconti di ragazzi intorno al fuoco è bella ma il racconto alterna i tempi narrativi senza un ordine preciso, il che lo rende poco fluido. Ci sono anche alcune imprecisioni sul piano lessicale.

Pietro:
La mancata scelta del materiale narrativo impedisce al testo di diventare un racconto vero e proprio. Al suo interno ci sono almeno tre livelli, con altrettanti possibili oggetti della narrazione: i racconti (verosimilmente un racconto) dell’orrore tra ragazzi, la bambina che ascolta i racconti dell’orrore, la madre che, in nome dei suoi ricordi, fa accendere al figlio la «lanterna dei viandanti». Tutti questi materiali sono molto promettenti, e si fanno ottimamente da cornice l’un l’altro, ma occorre sceglierne uno e puntare su quello con decisione.