29 – FAMEDIO

26 Nov di editor

29 – FAMEDIO

Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi.

7.00: sole sul lenzuolo, nonostante l’autunno inoltrato, torta di mele con spolvero di cannella, un’aforisma meno demagogico del solito, metropolitana semideserta.

8:30: La gonna impertinente lungo le scale del Famedio, il laccio civettuolo che adornava il suo polso e richiamava le décolleté rubiconde che fasciavano i piedi, la giacca ocra, corta ed aderente, quel ricamo arabesco violaceo lungo l’orlo delle maniche, la gonna a tubino sopra il ginocchio. Scolaretta collegiale, costretta in una divisa, contro la procacia del suo fisico maestoso.

L’incarnato pallido, incorniciato dalla robusta chioma del colore d’grappolo d’uva maturo destinato a diventar aleatico dell’Elba, piccoli occhi vispi e profondi, un arcipelago di lentiggini a costellare lievemente le gote.

9:00 Il tremolio della sua voce tradisce l’emozione che immancabilmente si presenta, quando si deve parlare davanti ad un pubblico, sia esso di colleghi, amici, familiari e mille volte di più con perfetti sconosciuti, eterogenei per età, nazionalità, livello culturale, oltre che la mia presenza. Ciononostante ha il polso della situazione, sa tenere a bada il suo gregge.

9.30 Riferimenti alla nostra lirica amorosa a noi solo comprensibili lungo il zigzagare tra le edicole di Gio Ponti e la meraviglia del Castiglioni.

9.50 I nostri occhi fremono, incespicano, scappano, si nascondono, si cercano e si trovano. Più volte.

11.15 No, le nostre labbra non si sono toccate incidentalmente, le nostre labbra si sono cercate, si sono inseguite, si sono volute!

Ma ha ragione, anche in quella occasione ero dibattuto. Lo volevo con tutto me stesso, ma contestualmente frenato dal sapere che non potevo assicurarle un domani. Combattuto tra la brama di suggere la nostra poesia direttamente dalla sua bocca e la paura di creare maggiore aspettativa… e non saperla appagare. 

Non mi fraintenda, non sono così borioso da pensarla adorante ai miei piedi, ma certo è che il contatto fisico, un gesto così intimo, come un bacio sulle labbra, inevitabilmente lo si vorrebbe nella propria vita, anche non sine die, basta pieno e genuino, fosse anche a scadenza.

Questi i sentimenti che brulicano incessantemente nella mia testa da quel giorno.

Ma sarei stato scorretto e nemmeno trasparente come impone il nostro carteggio, se non le avessi detto fin da subito che quella situazione da cui sono sfuggito, non si è più ripresentata. Anzi…

Lucia ha trovato la forza di chiudere con il suo passato, ha finalmente affrontato i suoi demoni, ha fatto tabula rasa, pronta ad essere incisa nuovamente da me!

In questi due mesi mi ha offerto lo schemache anelavo e che negatomi mi ha fatto scappare lo scorso dicembre, complice forse il clima natalizio, familiare per antonomasia.

Ora mi ha dato un’orbita su cui girare, stabilizzarmi, non più disorientato nella fatica e nella frustrazione.

Lei invece è una sorta di corpo magnetico e per sua stessa natura mi attrae. Per i suoi modi, la sua cultura, la sua grazia, ma anche per il suo viso, le sua labbra sottili, la sua chioma indomita, i suoi piedi scalzi, le sue valli e i suoi colli disseminati di chicchi di grano.

Ma…. rischio di precipitare e di perdere quella stabilità che ho tanto agognato proprio ora che è arrivata, combattuto tra l’avanzare sulla scorta di una poesia che ho avuto la fortuna di incocciare casualmente in questo torrido agosto e il ritrovare inaspettatamente una persona con la quale sono stato bene al punto di innamorarmi. Per la seconda volta in vita mia….

Rischierei di precipitare e cedere alla tentazione di farla mia. E probabilmente ci riuscirei…

E poi? E poi per lei sarebbero un tormento. Come le ho già detto, ci sono passato, so cosa vuol dire. Inevitabilmente ci avviteremmo su noi stessi e finiremmo con tutta probabilità col detestarci e rinfacciarci inadempienze e parole spese in amore.

No, non voglio questo. Preferisco serbare il ricordo di una cosa bella e inaspettata che mi è capitata, anche se la vita non ha  voluto far sbocciare il fiore che poteva essere.

Spero possa trovare nella genuinità e pienezza di quanto è stato tra noi, la forza di perdonare me e l’impermanenza della vita.

Con infinita dolcezza,

Lamberto




2 Commenti

  1. Uno stile che aspira ad essere poetico e subito stride con l’ambientazione moderna e prosaica (la metropolitana, la vita della grande città, il public speaking…);
    “Lo volevo con tutto me stesso, ma contestualmente (???)frenato dal sapere che non potevo assicurarle un domani.”: manca qualcosa…
    “Il tremolio della sua voce tradisce l’emozione che immancabilmente si presenta, quando si deve parlare davanti ad un pubblico, sia esso di colleghi, amici, familiari e mille volte di più con perfetti sconosciuti, eterogenei per età, nazionalità, livello culturale, OLTRE CHE LA MIA PRESENZA.” : quest’ultima esressione non ha appoggi….
    Il linguaggio troppo ricco, e non sempre impiegato correttamente, risulta un po’ eccessivo per la tipologia di racconto e dà un effetto di pesantezza. Forse se utilizzato con più discrezione e maggiore padronanza avrebbe potuto sortire un effetto piacevole…
    Delizioso e delicato il rifiuto del protagonista di proseguire un rapporto senza futuro…

  2. Testo davvero ben scritto: molto efficaci le similitudini, riprese anche da alcuni elementi della natura (arcipelago di lentiggini, colli..) che rendono l’idea e presentano l’amata quasi fosse presente, in un inno delicato e discreto alla femminilità. Un impatto descrittivo elegante ed efficace, che con stile narrativo mette in evidenza la bellezza prorompente di lei, che tace dietro una gonna a tubino, ma che il testo sembra far urlare. Il ritmo è sobrio e anche senza colpi di scena particolari cattura. Riuscito l’accostamento delle parole che immerge l’immaginazione del lettore nella personalità della donna e svela a poco a poco i sentimenti, puri, di lui.

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