27 – Giorgio
“Tutta colpa della pastiera…”
Seduto fradicio. I muscoli del collo si contraggono flebilmente. Si solleva la testa. Fra gli zigomi, ciocche di cappelli bagnate. Le spalle leggermente inarcate.
“Cristo!”. La mano sinistra si schiaccia all’occhio destro, sul naso. Semanticamente potremmo definire questa situazione come: Il momento in cui ti rendi conto di aver fatto una enorme cazzata.
Ma torniamo indietro di qualche ora.
Giorgio come pattuito sale sull’autobus per Piazza Berlinguer. Indossa un paio di occhiali scuri ed una giacca di poliestere beige. Fra le sue mani un pacco. Scende alla terza fermata, via Venezia. Si dirige verso il tribunale.
Intorno a lui, poche sagome sfuocate si riversano, nella piazza, nascosti dalla notte. Fra il tacito assenso di enormi palazzi, circondanti l’ovale, costruzioni di un gigantesco flipper operativo. Giorgio si asciuga leggermente il sudore dalla fronte col suo fazzoletto azzurro. Un sorriso impercettibile si delinea fra le labbra di lui mentre, costante, avanza.
“Anna…” pensa.
Fra i rami delle conifere lungo la scalinata. Fra le giacche di fluidi corpi e scale corrose. Fra le pareti levigate e glaciali. Giorgio si ritrova davanti alla porta del tribunale. Il pacco ancora fra le sue mani.
Si piega retto, flettendo le gambe. Un ultimo sguardo ai rumori strabordanti dai muri. Giorgio posa il pacco vicino alla porta principale. Velocemente, senza voltarsi indietro, circospetto, scende giù per la scalinata, via per qualche vicolo. Dimenticato per sempre.
“Perfetto, il più dovrebbe essere fatto…” il suo sguardo si rivolge istantaneamente all’orologio sul polso destro “…non resta che aspettare, quindici minuti e tutto sarà risolto.”
Giorgio continua a camminare, rimbalzando di marciapiede in striscia pedonale, fra gli occhi di vetro di case curiose e urlanti portoni logori. Giorgio continua a camminare finché, finalmente, una panchina libera in mezzo ad un piccolo parco appare ai suoi occhi. Cinque minuti. Fra le sue mani una fotografia sbiadita di una donna dagli occhi azzurri e ciocche ramate; la stringono forte, piegandola.
“Altri due minuti alle dodici. Cristo perché non chiama?!”
Le sue gambe oscillano come rintocchi di un orologio. Un frullo d’ali si staglia fra i fitti rami. Respira profondamente. Fra poco avrà chiuso. Chiuso con Priamo, col Mattatore e con tutta quella maledettissima banda di strozzini.
Un tintinnio squillante scuote Giorgio. E’ l’ora. Freme. Le falangi spremono bramose le ginocchia cinte dal morbido abbraccio del pantalone, stirato e contorto dall’imminente risoluzione. Stridono i denti costretti dai muscoli mandibolari. Ogni sua fibra muscolare tesa. Pronto a scattare. Appena sentirà l’esplosione.
FrushCipCipiricipFrushChiòChiò
“Non dovrebbe già essere esplosa? Che cazz…”
TRIING TRIIING. Risponde. Una voce profonda nelle sue orecchie. “Sei morto stronzo.” Era il Matta “Lo sai vero?! Hai fatto un bordello. Tutto a puttane!”
Fottuto. Come cristo è potuto succedere? Pensa, che cazzo gli dico..
Matta riprende “Dove l’hai messa la bomba al tritolo deficiente?”
“L-lì, porca puttana Matta! Davanti al portone del tribunale, all’orario prestabilito. Ho fatto come mi avete detto!!”
“E la scatola? Coglione, Priamo sta arrivando, sei fottuto.”
Giorgio impassibile, cicatrizzato in quell’ultimo scandito Click momento. Scatola? Priamo? A prendermi? Inizia a camminare lentamente lungo il marciapiede, intorno a lui scorrono edifici anonimi. La scatola. Nera. La confezione della pastiera della nonna. Nera. Impossibile. La scatola col tritolo sul tavolo. Vicino la confezione della nonna. “Mi sono girato per prendere il caffè…ho visto l’ora, sì…era tardi…Porca puttana no!”
Giorgio si ferma di colpo. Boccheggia. Le mani arrancano verso le spalle di pietra della panchina vicina.
“Tutta colpa…”
Seduto fradicio. I muscoli del collo si contraggono flebilmente. Si solleva la testa. Fra gli zigomi ciocche di capelli bagnate. Nelle orecchie un rumore di freni. Fra le sue pupille l’immagine confusa di scarpe di coccodrillo e jeans attillati e scossoni sul petto. Un sordo colpo prorompe. Giorgio cade a terra inerte accolto fra le braccia ematiche della sua essenza.
Un ultimo pensiero scuote la coscienza di Giorgio, sbucciandosi la testa sul gradino sottostante, fra la gabbia toracica fracassata di calci. “Tutta colpa della pastier…”
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