26 – La fine di un incubo

16 Dic di editor

26 – La fine di un incubo

“Ma dove scappi così di corsa, Giorgio? Aspettami, vengo con te!”

Sbuffai e accelerai il passo. Ci mancava soltanto quella palla al piede di mia sorella. “Betty, torna a casa! Smetti di seguirmi una buona volta!”

Sentii i suoi passi affrettati colpire le pozzanghere alle mie spalle. “Eddai, Giorgio, lo sai com’è fatto papà. Perché ti scaldi tanto? E dove cavolo corri?”

Con la pioggia che mi inzuppava i capelli, attraversai la strada di corsa, sperando che mi lasciasse in pace. “Devo schiarirmi le idee.”

“Mamma non vuole che tu vada alla polizia, lo sai.” La sua voce ansante era sempre più vicina.

Strinsi i pugni tanto da infilarmi le unghie nella carne e continuai a camminare.

Non riuscirai a farmi cambiare idea, Betty. Non questa volta.

“Gio, fermati! Ti ricordi che è successo l’ultima volta che mamma ha parlato con un poliziotto?”

Cammina, non fermarti, non l’ascoltare…

“Te lo ricordo io: l’hanno liquidata per ‘mancanza di segni evidenti di violenza’. Non è servito a niente!”

Un’immagine della palpebra viola di mamma mi invase la mente. Questa volta non le era bastato il doppio strato di trucco per coprirla.

Accelerai il passo.

“Quando papà l’ha saputo, l’ha picchiata senza sosta per una settimana. Vuoi che succeda di nuovo? Eh, Gio? Vuoi questo?”

Mi bloccai di botto sul marciapiede e mi voltai, afferrandola per le spalle.

Le fini rughe di preoccupazione che le increspavano gli occhi la facevano sembrare una trentenne più che un’adolescente. Un altro modo in cui nostro padre l’aveva rovinata, in cui ci aveva rovinati entrambi. “Devi smetterla di chiamarlo papà! Capito?” urlai.

Soltanto quando vidi le lacrime riempirle lo sguardo, mi resi conto che la stavo stringendo troppo forte. Lasciai la presa all’istante.

Indietreggiai, tremante. “Gli ho quasi tirato un pugno in faccia oggi, Betty. Se mamma non mi avesse fermato, questa volta l’avrei fatto davvero. Io…” Non posso diventare come lui… “Lasciami andare. Devo… questa storia deve finire.”

Attraverso il muro di pioggia, vidi la mano di Betty posarsi sul mio braccio. “C’è un altro modo.” Cercò il mio sguardo. “Un modo migliore.”

“E quale, Betty? Mamma non ci sente da quell’orecchio…”

“Le ho parlato io. Possiamo… possiamo scappare.”

“E andare dove?”

“Da zia Daniela.”

Aprii la bocca per dirle che si era bevuta il cervello, ma lei mi precedette. “Lo so cosa stai per dire, ma si è offerta di ospitarci e abita dall’altra parte del mondo, abbastanza lontano perché lui non ci trovi.”

Scossi la testa in automatico. Questa storia deve finire adesso! Feci per voltarmi e riprendere a camminare, ma Betty strinse la presa. “Ti prego, Gio.” La speranza che le lessi negli occhi mi inchiodò sul posto. “Se restiamo qui troverà sempre il modo di farci del male.”

Sapevo che aveva ragione, me lo sentivo in ogni muscolo teso come una corda di violino. “Se facciamo a modo tuo…” l’ammonii, “dobbiamo agire subito.”

Annuì convinta, un sorriso soddisfatto sulle labbra. “Partiamo stasera. Ho già organizzato tutto. Papà ha bevuto così tanto che fra qualche ora collasserà sul divano e le nostre valige sono già pronte sotto il letto – sì, anche la tua – con tre biglietti di sola andata per Sydney.”

Scossi la testa, sorridendo. “Sei sempre la solita… BettyPianiPerfetti.”

Mi sferrò un pugno sulla spalla.

“Ahio.”

“Gne-gne. Andiamo Braccio di Ferro, ti offro una camomilla per calmare i bollenti spiriti.”

Tornammo a casa un paio d’ore dopo, in tempo per vedere nostro padre ammanettato che veniva spinto di forza dentro un’auto della polizia.

Aveva il volto coperto di sangue.

“No, no, no…” La voce di Betty penetrò per un attimo nella fitta nebbia dei miei pensieri. Poi diventò tutto rosso.

Io l’ammazzo! L’ammazzo!

Mi lanciai contro di lui, urlando con tutta la forza che avevo, ma non lo raggiunsi mai. Un paio di mani possenti mi bloccò le braccia dietro la schiena.

Mi divincolai, senza smettere di urlare, finché non sentii le dita fredde di Betty accarezzarmi le guance. “Gio, fermati. Non puoi farti sbattere in galera! Non puoi lasciarmi da sola!”

Sentii la lotta abbandonarmi di colpo. E mentre la abbracciavo stretta sull’erba bagnata del nostro giardino, ringraziai il cielo che la mia sorellina fosse ancora viva, che non ci fosse anche lei, in quella casa. Ringraziai il cielo che, ancora una volta, mi avesse seguito.


Valutazioni Giuria

26 – La fine di un incubo – Valutazione: 30

Gaia:
Un racconto intenso. Ben scritto, scorrevole, coinvolgente. Il finale, evidentemente, sciocca e colpisce il lettore, ormai fiducioso in un “lieto” fine. Ben descritti i due personaggi e buona la descrizione del loro rapporto, contraddistinto dalla complicità profonda che si crea fra fratelli, soprattutto se uniti nella disgrazia. Un unico appunto: risulta un po’ forzata la tranquillità di Betty quando parla col fratello infuriato invitandolo a non farsi mettere in prigione. Comunque un buon lavoro.

Matteo:
Racconto che riesce ad affrontare con coraggio un argomento delicato. E’ davvero interessante il fatto che il punto di vista sia spostato interamente sui figli e non sui genitori. Molto bello il personaggio di Betty, che prende l’iniziativa nonostante nessuno se lo aspetti da parte sua. Non mi convince il finale: il racconto era riuscito a spiegare come la violenza possa essere terribile a qualsiasi livello (anche senza arrivare al limite estremo). Il fatto che la madre venga uccisa, a mio parere, appesantisce il messaggio, già molto potente. Avrei preferito uno sviluppo differente. Alcuni passaggi (ad esempio “Sei sempre la solita… BettyPianiPerfetti.”) mi sono sembrati poco riusciti. Un elemento che davvero non mi convince è la frase “Eddai, Giorgio, lo sai com’è fatto papà. Perché ti scaldi tanto? E dove cavolo corri?”: Betty, per come viene caratterizzata in seguito, non direbbe mai una cosa del genere. Potrebbe forse dirlo sua madre, incapace di fuggire da una situazione pericolosa.

Paola:
Il racconto coinvolge il lettore, grazie anche ad un ritmo narrativo ben costruito. Ci aspetta però il lieto fine: la fuga e la possibilità di ripartire. La fine spiazza e lascia un velo di tristezza. Molto ben descritto il rapporto tra i due fratelli: c’è almeno per loro una speranza di salvezza.

Pietro:
Il racconto è scritto molto bene. L’unica parte che non mi ha convinto è il finale. Ciò che accade è troppo importante e – in un certo senso – crudele per venire introdotto en passant: si «torna a casa in tempo per» guardare la partita o sedersi a tavola, non per assistere a una tragedia. Gettare via un capitale narrativo così prezioso interrompe bruscamente il ritmo e l’andamento emotivo della narrazione, compromettendo anche le righe successive.