2 – L’AMICIZIA PAGA

12 Gen di editor

2 – L’AMICIZIA PAGA

Finì per addormentarsi proprio quando le fiamme del fuoco diventarono brace.

La mente, libera dalle pastoie della realtà, gli propose uno dei possibili finali di quella storia: nel sogno una pallottola della Colt di Frank gli trapassò il cuore, facendolo esplodere nel petto.

Si svegliò di soprassalto, sudato nonostante il freddo notturno del deserto, la pistola in pugno. Ci mise un secondo in più per realizzare dov’era, poi sgusciò da sotto la coperta navajo e riattizzò i carboni. La fiam­mella guizzò bassa, ma sarebbe bastata per scaldare il caffè.

A est cominciava a schiarire, non poteva permettersi di perdere tempo. Sentiva quel figlio di un cane di Frank sempre più vicino, il suo fiato gli faceva rizzare i peli sulla nuca. Mentre beveva il piscio di coyote che si ostinava a chiamare caffè riandò a due giorni prima, quando era cominciata la sua fuga.

A Wichita non era andata per niente bene. Il cassiere della banca aveva dimostrato di avere fegato, fred­dando Caleb mentre uscivano con i sacchi pieni di dollari. Il bastardo aveva un canne mozze sotto il ban­co e lo aveva usato. Non l’avrebbe fatto più di sicuro, non dopo che gli aveva piantato una pallottola in fronte, ma ormai era troppo tardi per Cal. Si era ritrovato in strada mentre lo sceriffo arrivava richiamato dagli spari, fucile in mano. L’aveva riconosciuto anche da lontano: Frank Duchamp, detto Dutch. Come diavolo era finito a fare lo sceriffo in quel buco di paese? Lo stupore lo aveva lasciato a bocca aperta, ma non gli aveva impedito di saltare in sella e fuggire ventre a terra, mentre un paio di pallottole gli fischiavano vicino alle orecchie, segno che anche Duchamp l’aveva riconosciuto. D’altronde avevano cavalcato insieme per un bel po’. Finché Josie, la donna di Frank, non si era infilata nel suo letto, ro­vinando tutto. Quando Dutch li aveva scoperti si erano affrontati e lui era stato magnanimo, un colpo di striscio, non voleva uccidere il suo amico. Di sicuro Duchamp, accecato dall’onta, non sarebbe stato altrettanto clemente. Per questo ora doveva scappare il più in fretta e lontano possibile, l’improbabile sce­riffo non avrebbe allentato la presa, ora che aveva anche un motivo legale per volerlo morto.

Quando il sole fu a picco si concesse una sosta all’ombra di una formazione rocciosa. Diede fondo alle ultime scorte di carne secca, maledicendo l’idea che aveva avuto di scappare attraverso il deserto. Davanti a sé, all’orizzonte, non riusciva a scorgere nessun segno di vita mentre alle sue spalle uno sbuffo di polve­re annunciava l’arrivo del suo inseguitore, non molto lontano.

Decise all’improvviso di averne abbastanza: l’avrebbe aspettato lì, appostato col Winchester in alto sulla roccia e l’avrebbe steso.

Stavolta niente sconti.

Non dovette pazientare molto, dopo meno di un’ora vide il cavallo al trotto con Frank accasciato sul collo che si reggeva a malapena. Doveva aver avuto un malore, forse un colpo di sole. Scese dal suo na­scondiglio e fermò il cavallo. Duchamp cadde ai suoi piedi, inerme. Lo trascinò all’ombra tirandolo per gli stivali, lo disarmò e andò a ispezionare le bisacce. C’erano abbastanza viveri da permettergli di attra­versare il deserto fino alla prossima città. L’indecisione durò un minuto, poi sellò il suo baio e portandosi dietro l’altro cavallo si allontanò con calma. La fretta poteva lasciarsela alle spalle, ormai.

Non fece molta strada, assalito dai ricordi di quando era culo e camicia con Frank, di tutte le scorrerie fat­te insieme, le sbronze che si trasformavano sempre in risse colossali e notti passate in gattabuia. Gli torna­rono in mente El Paso, quella volta a Nogales…

No, il suo vecchio amico non meritava di morire di fame e di sete, nonostante tutto.

Tornò sui suoi passi. Duchamp era riuscito a mettersi seduto appoggiato alla roccia, ma niente di più. Un paio di avvoltoi erano già nei paraggi, pregustando il ghiotto pasto. Arrivato a tiro prese bene la mira col fucile e sparò. Gli avvoltoi volarono lontano, mentre la testa di Dutch scoppiò come una mela marcia.

A posto con la coscienza riprese il suo cammino, ancora con più calma di prima.

FINE


Valutazioni Giuria

2 – L’AMICIZIA PAGA – Valutazione: 23

Giud.1:
Il testo è scritto in modo originale, chiaro e con un linguaggio ricco e rende bene l’idea del frammentario nella narrazione dove alterna il desiderio di vivere a pieno un sogno e la possibilità di doversi risvegliare e farsi delle domande.

Giud.2:
testo interessante e godibile. Le descrizioni aiutano nella lettura. Mi sono molto piaciuti i protagonisti.

Giud.3:
“Per realizzare dov’era” nelle prime righe condiziona la lettura successiva. Storia banale e finale prevedibile.

Giud.4:
Rivedibile l’uso della punteggiatura, anche nella suddivisione delle subordinate. Alcuni errori risultano penalizzanti: “ci mise un secondo a realizzare dov’era”, la ripetizione “riandò… non era andata”. In un racconto di 4000 battute non è concesso. La storia comunque scorre. La logica del finale lascia perplessi e non dona quel “colpo di scena” che immagino nelle intenzioni.