16 – Una dolce conversione

1 Dic di editor

16 – Una dolce conversione

Napoli, 7 Marzo 1570

“Tutta colpa della pastiera …”

Sorella Marta stava pasteggiando nervosamente intorno al chiostro e borbottava frasi incomprensibili che si concludevano sempre con quelle parole detta a voce alta: “Tutta colpa della pastiera!”. Le consorelle la guardavano stupite e divertite mentre recitavano le lodi.

Sorella Marta era la cuoca del convento di San Gregorio Armeno e due volte l’anno aveva anche il compito di confessare i forestieri, in genere pastori, che giungevano in città per la Pasqua. Era un momento molto particolare per il convento: l’autunno dell’anno precedente i vescovi radunati a Trento per il santo consiglio avevano decretato che le suore di San Gregorio si sarebbero dovute chiudere in stretta clausura. Sorella Marta non aveva accolto la notizia con favore. Per lei uscire due volte alla settimana per andare al mercato, scegliere con cura gli ingredienti più freschi e percepire la soddisfazione a tavola delle consorelle era la soddisfazione più grande.

La Badessa, Giulia Caracciolo, le si avvicinò con dolcezza, perché sapeva come prenderla.

“Che cosa vi angustia, sorella Marta?”

“Oh Badessa, ieri ho assolto al mio compito e ho confessato due pastori. E sapete cosa mi hanno detto?

No, non posso! Violerei il vincolo della confessione!” disse facendosi il segno della croce e abbassando il capo.

“Parlate, non temete. Sono certa che troverete le parole giuste”.

Sorella Marta, sollevata, disse: “Durante la confessione ho sentito un profumo delizioso uscire da un cesto. Ho chiesto al pastore che cosa portasse e lui mi ha detto che era ricotta fresca!”

“E dunque?” chiese la badessa incuriosita.

“Sa dove la stava portando? In spiaggia! Questa notte porteranno in dono alla Sirena Partenope i doni della terra, li abbandoneranno sugli scogli e al mattino dicono che troveranno la pastiera pronta! Ma si rende conto? Nel XVI ancora questi riti pagani? Tutta colpa della pastiera!”

“Marta, sorella mia! Anche la nostra chiesa di San Gregorio dicono che sia stata edificata su un tempio dedicato alla Dea Cerere. Dobbiamo pregare, pregare e ancora pregare perché il Signore venga ad illuminare le menti. A Dicembre di quest’anno farò i voti solenni e noi entreremo in clausura. E allora sarà ancora più importante fidarci dell’opera del Signore!”

Sorella Marta ascoltò con attenzione le parole della badessa.

“Grazie Madre, come sempre lei mi ha illuminata!”.

Quindi in modo un po’ goffo e tenendosi la gonna tra le mani corse via verso le cucine.

“Non saprò parlare o fare bei discorsi ma so cucinare. Ed è quello che farò!”, disse bofonchiando.

Per tutto il giorno non uscì dalle cucine e lasciò che a preparare i pranzi fossero le sorelle che la aiutavano in cucina. Sembrava infervorata.

Quella sera, dopo i vespri, si recò dalla badessa con in mano un vassoio coperto da un panno di cotone bianco.

“Sorella Marta, è tutto il giorno che non vi vediamo! Cosa mi portate?”

“Badessa, le sue parole mi hanno illuminata. Lei mi ha rivelato che la nostra chiesa è costruita con le pietre e le colonne del tempio di quella antica Dea pagana non è vero?”

“Certamente, ma …”

Sorella Marta sollevò il panno e mostrò la pastiera ancora calda.

“Ecco, ho usato gli stessi ingredienti di quella ricetta pagana e ne ho fatto un simbolo della Pasqua: le uova, simbolo della Rinascita di nostro Signore, la farina è il pane spezzato nell’ultima cena, i fiori d’arancio del matrimonio di Gesù con la Chiesa, il burro è dei pastori che furono i primi ad onorare nostro Signore …”

“Sorella Marta, anche se non tutte le simbologie sono corrette dal punto di vista teologico, devo ammettere che avete avuto un’idea magnifica. Durante le prossime due settimane di quaresima voglio che prepariate quante più pastiere potete!”

Il giorno di Pasqua le sorelle del convento uscirono tutte insieme per le strade di Napoli, regalando a tutti fette del ‘nuovo’ dolce e illustrando uno a uno gli ingredienti cristiani che lo rendevano sacro. Non tutte le sorelle seppero spiegare cosa ci fosse di così diverso dalla antica pastiera che conoscevano tutti. Ma il loro fervore, il giorno di Pasqua e il fatto che fosse l’ultima volta che tutte insieme uscirono dal convento resero l’evento memorabile e scolpito per sempre nella memoria della città.

Sorella Marta ora sentiva di poter accettare la clausura.


3 Commenti

  1. Particolare e, al tempo stesso, efficace la scelta di ambientare il racconto dentro e fuori le mura di un convento. Delicato e toccante il conflitto interiore di fronte all'”imposizione” della clausura che, grazie al dialogo con la badessa, si risolve in un dono per l’intera comunità. Difficile che due pastori all’epoca si aprissero invece con una suora.

  2. Una trama a suo modo originale, con la “conversione” della pastiera che diviene strumento della maturazione della suora cuoca. Le due suore sono ben descritte: sembra di vederle, una semplice, chiassosa e genuina, l’altra pacata, profonda e capace di empatia. I dialoghi sono ben costruiti e rendono la narrazione scorrevole. Meno briosa la parte conclusiva.

  3. Il racconto è curato nei minimi particolari: non solo nella forma, ma anche nella struttura e nella costruzione del personaggio della cuoca.
    Le diverse parti della narrazione si richiamano a vicenda e sono perfettamente collegate.
    E’ davvero incredibile il modo in cui, in un racconto così breve, si riesce a far emergere la personalità della protagonista, inserita alla perfezione nel contesto più ampio del convento, nel corso di un cambiamento epocale.
    E’ stato un vero piacere poterlo leggere!

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