15 – Tre rose

28 Dic di editor

15 – Tre rose

Iniziavano i primi freddi. Le ore del mattino e della sera al chiosco cominciavano ad essere dure e i guanti senza dita non erano il miglior alleato nella sfida all’inverno.

Notai quel ragazzo che passava con i pochi studenti scesi alla fermata della linea 7. L’avevo visto per due pomeriggi di fila: dopo essersi avvicinato con una camminata lenta e circospetta, aveva guardato verso il mio chiosco per un po’, con aria indecisa, e poi si era infilato nell’edicola. Ne era uscito per due volte con lo stesso numero de “La Settimana Enigmistica”.

Era un ragazzo alto e magro, sui sedici anni, con capelli piuttosto lunghi e spettinati. Uno di quelli che vogliono sembrare sempre contro qualcuno o qualcosa, volutamente trasandato negli abiti, con lo sguardo dolce e i movimenti un po’ impacciati. Chiacchierava con una ragazza che poteva essere sua coetanea, anche lei magra, una bellezza dolce e acerba, che può non lasciarti scampo a quell’età. Lei gli tirava un lembo del parka verde e rideva, mostrando una finta espressione inorridita. Lui si impettiva, sollevava il mento e indicava la propria giacca con un gesto d’orgoglio, ma anche a lui scappava da ridere. Quando l’attenzione della ragazza fu richiamata da un’amica e lei si voltò per rispondere, notai che lo sguardo del ragazzo inseguì il sorriso che non si era spento sulle labbra di lei. Poi si erano allontanati.

Lo rividi attorno alle quattro e feci una cosa che non faccio mai: uscii dal mio chiosco per invitarlo ad entrare. Non è da me, mi fa sentire come se implorassi o fossi un venditore porta a porta. E io invece sono il fioraio: quello da cui vai per i suoi fiori; perché l’altra volta ti ha composto un mazzo che era un quadro… Quel giorno, però, sentii come fosse un mio dovere prenderlo per mano.

«Hai forse bisogno di me?»

Non rispose, ma mi guardò, tenendo il mento abbassato sul collo, e nei suoi occhi chiari, in mezzo a un mare di imbarazzo, lessi sollievo e gratitudine. Venne verso il chiosco e fui di nuovo io a parlare:

«Facciamo delle belle rose rosse?»

«Sì», si limitò a rispondere, cercando di iniettare nella voce una goccia di sufficienza, senza risultare credibile.

«Quante ne vuoi? Tre?»

Il ragazzo annuì, mentre il suo viso prendeva colore, come se poco alla volta lo stessi sollevando da un grande peso.

«Ecco qua, ti piace se ci metto questo nastro? Ti lascio qui un bigliettino e la penna se vuoi scrivere qualcosa»

Prese la penna e dalla tasca dei jeans estrasse un foglietto sgualcito, scritto in penna nera e pieno di cancellature. Si mise a copiarlo. Toccando il foglietto si sporcò le dita di inchiostro e macchiò il biglietto delle rose. Disse una parolaccia tra i denti ed ebbi l’impressione che stesse per scendergli una lacrima. Gli diedi immediatamente un altro biglietto.

«Grazie» mi disse. Copiò di nuovo ciò che si era preparato, pagò, si strinse nel parka e uscì.

Un paio d’ore dopo, stavo sistemando gli anemoni in vetrina. Il freddo si faceva sentire anche dentro il chiosco, e mi sollevai per soffiare sulle mani gelate. Puntati su di me c’erano gli occhi del ragazzo, rossi, lucidi e pieni di rancore, al di là del vetro. Attirò la mia attenzione il suo maglione a righe orizzontali marroni e azzurre. Era più pettinato del solito ed evidentemente infreddolito. Scappò via.

Cercai di uscire in fretta dal chiosco per seguirlo. Andai verso la strada principale, ma non lo vidi, così tornai indietro e superai l’edicola. Nella piazzetta retrostante la ragazza dal bel sorriso stava ridendo alle parole di un ragazzo alto, moro, con i capelli corti. Lei gli toccava una guancia col dito, lui le sfiorava il braccio. Non so quanto rimasi a guardarli. A un tratto sentii delle gocce di pioggia ghiacciata che mi pungevano gli zigomi. Lui la strinse a sé e la coprì con la sua giacca, accompagnandola sotto i portici.

Tornando verso il chiosco, vidi qualcosa che era stato buttato a terra di fianco a un cestino e mi avvicinai per vedere di cosa si trattasse. Erano un parka verde e tre rose rosse calpestate. E un biglietto. Lo raccolsi e me lo misi in tasca.


Valutazioni Giuria

15 – Tre rose – Valutazione: 25

Gaia:
Una vicenda nota (primi amori, primi slanci, prime delusioni…) raccontata in modo piacevolmente inusuale dal proprietario del chiosco di fiori. Curioso e simpatico il modo in cui il protagonista si lascia coinvolgere nella vicendda amorosa dei due ragazzi, alleandosi all’impacciato e ombroso adolescente innamorato. Alcuni passaggi paiono un po’ forzati: la leggerezza allegra con la quale il ragazzo (il tipico adolescente ribelle e arrabbiato, a detta dell’autore) si rapporta alla fanciulla; la facilità con la quale il giovane si lascia guidare dal fiorista; la necessità di mostrare al fiorista la propria rabbia… La forma è corretta.

Matteo:
Davvero molto riuscita la narrazione dal punto di vista del fioraio. Un punto di vista differente e fantasioso sulla storia più antica del mondo: il primo amore (non corrisposto). La forma è buona e la lettura è scorrevole. La scena finale (dove la ragazza è in compagnia di un altro), pur essendo ben scritta, forse non è fondamentale ai fini del racconto. Si potrebbe invece dedicare maggior spazio all’indecisione iniziale del ragazzo, così da farne emergere meglio la psicologia.

Paola:
Un racconto semplice, che ha per protagonista le sofferenze generate dai primi amori. Ben tratteggiata la figura del ragazzo impacciato e innomorato, meno riuscita la conclusione. Sarebbe stato forse più efficace limitarsi a far trovare le rose calpestate e sfumare la conclusione. Stilisticamente corretto.

Pietro:
Il racconto è concepito e scritto bene. A non convincermi del tutto è la figura del ragazzo. Il suo «lato oscuro» (l’incapacità di mostrare e gestire le sue fragilità) non trova espressione adeguata in almeno due occasioni, quando cioè accetta subito, pur con difficoltà, l’aiuto del fioraio (o fioraia – anche questo forse andrebbe chiarito) e quando si limita a guardarlo con rancore. Nel primo caso, per come è stato tratteggiato, ci si aspetta che rifiuti il primo approccio; nel secondo che la sua rabbia esploda in maniera meno composta, anche violenta (con un atto di vandalismo, ad esempio).
Inoltre, a livello di trama, non è necessario che il fioraio veda la ragazza col moro. I fiori e il biglietto gettati a terra sono abbastanza eloquenti.