15 – The dormitory

1 Dic di editor

15 – The dormitory

“Tutta colpa della pastiera” esordì il Dott. Carson leggendo la cartella clinica di John. Sembrava ironica l’affermazione, infatti fece sorridere i presenti. Quando vennero letti i risultati del tossicologico però nessuno rise più.

“Talvolta, l’intossicazione avviene a scopo criminale da parte di qualcuno che intende uccidere o debilitare le sue vittime. I preparati usati per indebolire un individuo possiedono proprietà sedative o amnesiche oppure entrambe, addirittura letali. La sintomatologia dell’avvelenamento varia in base al tipo di sostanza e come avrà potuto constatare, inizia subito dopo l’ingestione, per farla breve, Mr. Ford le è andata bene. Il cianuro è, indubbiamente, il veleno che ha ucciso più persone al mondo…basti solo pensare alle vittime del nazismo…questa però è altra storia… ringrazi i suoi amici”

John trascorse la convalescenza nella sua casa di New York, accudito da Maria la domestica di origine Napoletana. Dalla sua camera si vedeva Central Park, a dicembre il Wollman Rink era affollato dai pattinatori e lui si sentiva coccolato dalle luci natalizie. Quella sera si assopì presto davanti alla tv, riaprì gli occhi svegliato dall’urlo di Joan Fontaine in Rebecca la prima moglie. Con la coda dell’occhio percepì un movimento in direzione della sala da pranzo. “Maria! Sei tu?”. Il silenzio. Si ricordò che il venerdì Maria aveva la serata libera.

Nonostante la spossatezza, raggiunse la sala, accendendo una dopo l’altra le luci che incontrava lungo il suo spostamento. Non c’era nessuno. Senti però un vento gelido provenire dalla finestra della cucina. La trovò spalancata. Udì un rumore metallico provenire dalla scala antincendio. Lo stesso delle monete che cadono dai jeans mentre li appoggi sulla poltrona della camera. L’aria fredda gli tolse il respiro, chiuse.

Il mattino dopo passando davanti alla cucina, guardò con diffidenza il bagel sul tavolo che avrebbe giurato di non aver visto la sera prima. Prese il cappotto sotto il braccio, era in ritardo all’appuntamento con l’ispettore Cooper, fu in quel momento che notò una lettera spuntare dalla tasca. Conteneva un ritaglio della piantina di Manhattan, evidenziato un reticolato di vie, in particolare spiccava 129 Mulberry St – Da Gennaro – Little Italy.

Al dipartimento rimase giusto il tempo pe sentirsi dire che non avevano indizi riguardanti il suo avvelenamento.

Il quartiere italiano non era distante, la cucina di Gennaro era già aperta.

Mentre attendeva di essere servito, gli cadde l’occhio sulle confezioni del take away. La pastiera proveniva da li. Intanto vide Maria attraversare il cortile esterno del ristorante. Si domandò perché fosse li. Con la scusa della toilette, cautamente la seguì in quello che appariva il deposito delle derrate alimentari. Sugli scaffali pacchi di pasta, olio, scatolame. L’ambiente era rumoroso, dalla centrale termica provenivano voci di donna, qualcuno disse “Joe mi ha fatto avere altro cianuro, ho farcito il bagel. Non temere lo avrà mangiato a colazione”.

John rabbrividì. Si insinuò nella sua mente un solo pensiero: scappare. Purtroppo qualcosa glielo stava per impedire. Dapprima senti un ruggito, un ruggito di un leone che gli fece perdere contatto con la realtà poi arrivò un colpo ben assestato alla schiena, cadde rovinosamente su un bancale di farina. Non si rialzò.

Si risvegliò nel medesimo ospedale che l’aveva curato dal tentato veneficio, davanti al dott. Carson. “Giudice Ford quanti santi conosce in paradiso?”

Entrò in stanza Morgan. “John alla prossima domestica, almeno chiedi la carta d’identità. Ti sei portato in casa la sorella di Joe Gallo1 della famiglia Profaci. Ti dice niente? Immagino di si, considerato che proprio tu l’hai condannato. Sei finito in quello che viene chiamato The dormitory, quartier generale della mafia, sorvegliato da Cleo, il leone. Da tempo stavamo investigando sui traffici illeciti gestiti dal carcere da Gallo. John essere riusciti a salvarti è stato un colpo di fortuna. Quando hai lasciato il commissariato ti è caduta la lettera, a quel punto è stato facile…”.




1 Personaggio realmente esistito, così come è esistito Cleo, il leone ed il “the dormitory”.


3 Commenti

  1. Interessante la scelta di attingere a fatti “realmente accaduti”, ma forse la formula del racconto breve ha costretto a una eccessiva contrazione degli elementi narrativi, scoprendo troppo in fretta le carte. Non si spiega, ad esempio, come da uno stato di convalescenza ed eccessiva debolezza, in una notte il protagonista sia riuscito a riprendersi al punto di andare al commissariato e poi da Gennaro.
    E poi chi era stato a lasciare la lettera che l’ha salvato e perché?
    Le poche virgole non sostengono sempre il ritmo della narrazione

  2. La trama non funziona del tutto. La provenienza della cameriera suggerisce subito e in modo decisamente poco velato il fatto che lei sia la colpevole (per l’ovvio collegamento con la pastiera); la lettera che porta il protagonista a scoprire l’accaduto e i suoi colleghi a ritrovarlo in tempo come è arrivata nella tasca del nostro giudice?
    Non sempre appropriato l’uso della punteggiatura.

  3. Racconto piuttosto ben scritto, nonostante alcune imprecisioni soprattutto a livello di punteggiatura. La storia è raccontata al meglio, gestendo con consapevolezza i tempi narrativi, le situazioni e i personaggi.
    Non riesco però a capire chi possa aver messo nella tasca del protagonista la lettera con indicato l’indirizzo a Little Italy. Si tratterebbe in tal caso di un buco di trama molto importante, da risolvere assolutamente.

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