12 – Ricorda di dosare bene ricotta e affetto sincero.

1 Dic di editor

12 – Ricorda di dosare bene ricotta e affetto sincero.

Tutta colpa della pastiera! O forse tutta colpa della mia invidia? Preparo la torta seguendo, passo passo, la ricetta che mia nonna anni fa scrisse su un foglietto insieme a una raccomandazione: “Ricorda di dosare bene ricotta e affetto sincero, altrimenti saranno guai!”. Ho a disposizione della ricotta fresca e, in quanto ad affetto sincero, direi che quello che provo per me stessa sia abbastanza! Porterò la pastiera in ufficio e tutti sapranno quanto anch’io sia brava a preparare dolci. Mica solo Marilena sa cucinare! E, diciamola tutta, finalmente dimostrerò di essere migliore di Gaia, la bellona che riesce a far credere di essere perfetta. Il suo lavoro è sempre apprezzato e, se porta un dolce, tutti dicono che è buonissimo, anche quando non lo è. Il suo lavoro poi è pieno di pecche, ma lei riesce a nasconderle dietro a un paio di occhioni ammiccanti. Sarà anche bella ma dovrebbe andare a lavorare allo zoo come Gatta Morta, aveva detto una volta Valerio. Valerio è l’unico collega con il quale mi trovo davvero bene. Tra di noi scherziamo parecchio e spesso definiamo il CDA Consiglio Degli Anziani invece che Consiglio D’Amministrazione. Per ringraziarlo della sua amicizia ho preparato anche una pastiera più piccola da regalare solo a lui. Gliela porterò stasera quando, come ogni domenica, ci vedremo per l’aperitivo. In attesa della serata decido di fare un giro in bicicletta. Prima di uscire però metto la pastiera piccola nel frigo mentre lascio l’altra sul tavolo. Torno a casa un paio d’ore più tardi ma i benefici della mia pedalata nel verde scompaiono appena apro la porta. Vi sono briciole dappertutto e, purtroppo, non solo quelle. Il pavimento è pieno di macchie di vernice bianca. Sono spaventata. Forse, dalla finestra che ho lasciato aperta, è entrato un ladro con qualche strana mania oppure un serial killer che, come segno distintivo, lascia in giro macchie di vernice. Avverto un rumore insolito, ho paura e corro via. Ogni tanto mi volto a guardare indietro e, con sollievo, non vedo nessuno che mi insegua. Arrivo sotto casa di Valerio, a pochi isolati dalla mia, e lo chiamo.

“Non preoccuparti! Ci sono io!” dice rassicurandomi in quel modo in cui solo lui è capace.

Mi accompagna a casa, mi prende per mano e insieme saliamo le scale. Valerio entra lentamente nell’appartamento e, poco dopo, inizia a ridere. Forse il killer ha spruzzato qualcosa di strano. Forse dovrei chiamare la polizia. Mi faccio coraggio e decido di entrare. In quel momento vedo Valerio catapultarsi contro l’intruso. Non è un killer ma, a suo modo, è un ladro: è un piccione che sguazza felice nella mia pastiera. Viene da ridere anche a me. Il piccione, nonostante abbia le ali ricoperte di ricotta, riesce a scappare dalla presa di Valerio e urta contro un piccolo vaso di fiori. Il vaso si ribalta e il pavimento si riempie d’acqua. Non rido più. Mi innervosisco e cerco di acchiappare il piccione. Purtroppo scivolo sull’acqua e cado a terra dando una forte botta col sedere. Mi fa parecchio male ma il dolore è sovrastato da una sensazione di schifo: quelle intorno a me non sono macchie di vernice ma tante, tantissime cacche. Mi rialzo velocemente, nel limite di quanto ci si possa alzare velocemente con le chiappe piene di lividi. Valerio mi chiede come sto e intanto il piccione sbatte più volte contro al vetro di una finestra chiusa fino a che, finalmente, non riesce a trovare una finestra aperta e scappare. Io e Valerio ora ridiamo come pazzi e, seppur con imbarazzo, lui mi fa sdraiare sul divano a pancia in giù. Indosso dei pantaloni strettissimi e mi sento a disagio a mettere il sedere in mostra, proprio lo stesso sedere su cui lui sistema del ghiaccio cercando di non guardare. Resto immobile mentre lui si accinge a sistemare il disastro introno a noi. Lo guardo e mi rendo conto che solo la pastiera destinata all’ufficio ha fatto una brutta fine. Quella preparata per Valerio è al sicuro nel frigorifero. Ora sì che mi sono chiare le istruzioni della nonna: “Ricorda di dosare bene ricotta e affetto sincero, altrimenti saranno guai!”.


3 Commenti

  1. Bella l’idea che apre e chiude il racconto: “Ricorda di dosare bene ricotta e affetto sincero, altrimenti saranno guai” e efficace la scelta di non far sfociare la conclusione in un finale più melenso e scontato.
    Eliminando alcuni passaggi: il riferimento ai jeans stretti, il risentimento eccessivo nei confronti della collega Gaia, la struttura narrativa ne avrebbe beneficiato. Risultano un po’ sconati.
    Non avrei scelto il piccione, ma magari un animale meno “sporco” nell’immaginario collettivo e più accattivante come un gattino…
    E il bianco poteva essere dato dalla ricotta e non da altro….

  2. Nel racconto c’è qualcosa di grottesco… La paura ingiustificata della protagonista, l’ingresso rocambolesco della stessa nella cucina devastata…da un piccione… e il finale decisamente poco romantico con lei distesa sul divano e l’amico che le mette del ghiaccio imbarazzato. Simpatica la chiusura nella quale finalmente la maldestra cuoca comprende il significato dei consigli della nonna. Un po’ penosa la invettiva contro la collega invidiata, anche se funzionale alla trama (la mancanza di affetto verso i colleghi ha determinato la brutta fine della pastiera…). Il lessico a volte scivola un po’, ma non ci sono errori.

  3. Racconto divertente ed equilibrato nelle sue diverse parti, con la giusta dose di dolcezza.
    Molto bella, nella sua semplicità, l’idea di inserire due pastiere, capaci di raccontare l’evoluzione della protagonista.
    Tutte le ricette della nonna dovrebbero essere così!

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