12 – Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi…

24 Nov di editor

12 – Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi…

Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi…una sontuosa colazione seguita da un interessante conversazione con mia nipote e suo marito Jean-Baptiste Chateaubriand (fratello del più famoso Francois-Renè). Eravamo nel Dicembre del 1793. Comodamente seduti sulle poltrone della grande sala guardavamo i ceppi ardere dentro il caminetto. Dalla portafinestra che dava sul giardino vedemmo avvicinarsi una fila di uomini coi fucili a tracolla. Molti portavano il berretto frigio con la coccarda tricolore. Alla fine erano venuti a prendere anche noi! Portarono via tutte le persone che in quel momento erano in casa, uomini, donne, bambini, nobili o inservienti. Fummo portati a Parigi e imprigionati alla Conciergerie, in mezzo a centinaia di persone nella nostra stessa penosa situazione. Furono giorni e mesi incredibilmente duri. Nessuna notizia sul nostro arresto. Nessuno con cui parlare di quello che stava succedendo. Cibo e acqua scarsi, di infima qualità e igiene. Il 22 Aprile 1794 i gendarmi mi vennero a prendere alle 8 del mattino per portarmi al Tribunale rivoluzionario. Era ora! Finalmente avrei saputo di cosa mi si accusasse e avrei potuto difendere me e la mia famiglia. Entrai nella stanza del processo. Mi bastò uno sguardo e riconobbi il Presidente, il procuratore pubblico e anche qualcuno dei componenti della giuria, ero comunque appartenente ad una delle più importanti famiglie della “nobiltà di toga” e i tribunali erano stati il mio mondo fin da ragazzo. In un angolo, seduto ad un piccolo tavolo di legno, si trovava quello che avrebbe dovuto essere il mio avvocato difensore. Non l’avevo mai visto prima di quel momento e non avevo avuto nessun tipo di contatto con lui. Quando mi sedetti al suo fianco non si girò nemmeno a guardarmi. Per tutto il procedimento, invero molto breve, guardò verso un punto imprecisato con lo sguardo vuoto, annoiato da quella situazione. Mi fu impedito più volte di replicare alle accuse e alle testimonianze (volutamente ed esageratamente di parte). Alla fine l’esito, prevedibile e scontato, fu di condanna a morte per cospirazione. Non obiettai, non mi lamentai, chiesi solo di poter salutare la mia famiglia: non mi fu concesso. Venni spogliato di tutto tranne che dei pantaloni e della camicia. Mi tagliarono i capelli e il colletto della camicia. Mi vennero legate le mani dietro la schiena e mi fecero salire su una carretta che, in mezzo alla folla urlante, mi portò davanti al “rasoio nazionale”, come ebbe a definirlo Marat. Sarà stata la tensione, la paura o i continui strattoni dei gendarmi ma inciampai su uno degli scalini che portavano alla ghigliottina.<<Dicono che porti sfortuna, se fossi superstizioso tornerei indietro. >> esclamai sorridendo al gendarme che rabbiosamente mi stava tirando per un braccio. Sentii qualcuno ridere alla mia affermazione. Guardai rapidamente nel cesto sotto la ghigliottina e riconobbi i volti di altri prigionieri che avevo incontrato in quei mesi. Il mio cervello decise di spegnere il contatto col mondo esterno. Ricordo bene: quella giornata iniziò nel migliore dei modi… 




3 Commenti

  1. La lettura è scorrevole, ma la storia narrata si discosta di poco dalla semplice evocazione degli eventi storici; manca a larghi tratti una lettura originale della situazione. Il racconto è ricco di spunti, ma in verità non riesce a risolverli concretamente.

  2. Il tentativo di creare contrasto fra l’incipit e il finale in realtà non sta molto in piedi: la giornata non è la stessa, quella in cui il condannato viene giustiziato non era iniziata bene… Il racconto è scorrevole, ma non particolarmente coinvolgente. Ben scritto, anche se con un infelice errore ortografico (un apostrofo mancante, certamente dovuto a un errore di battitura!). Manca di brio!

  3. L’inizio rende l’incipit iniziale e non è male l’effetto immedesimazione che può portare il lettore a rivedere l’atmosfera parigina della Francia rivoluzionaria.
    Il testo scorre ma manca il pathos o un eventuale colpo di scena finale: il testo porta in modo fisiologico all’epilogo della pena capitale.
    Il linguaggio è comunque corretto, studiato, inerente alla traccia. Le descrizioni non si addentrano nel particolare ma il lessico è lineare.

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